Telefono Casa

Un grazie veramente di cuore al grigio omino che lavora chissà in quale buco del palazzaccio e che solo oggi dopo due anni e mezzo si accorge che io e Stelvio – ORRORE!!! – abbiamo in dotazione un telefono digitale abilitato alle interurbane come se fossimo dei Grassi Dirigenti invece che poveri pirla precari quali siamo, e decide di sostituirlo d’imperio con un Sirio col quale a tutt’oggi possiamo chiamare solo i colleghi della stanza affianco.

Grazie, veramente, che tu possa marcire all’inferno dopo essere stato contagiato dalla peste suina.

Sono di buon umore, stamattina.

E’ vero che siamo più o meno tutti pazzi, però

Dialogo tra me e una utentessa del servizio pubblico.
La signora ha circa 50 anni, capelli bianchi a ciuffi nascosti sotto una berretta di lana fucsia, l’impermeabile del Tenente Colombo e lo sguardo di astinenza da anfetamine. Un leggero accento straniero.

Utentessa: Io forrei qualke informazione sui corsi di formazione professionale
Io: E’ un pò vago, signora. Su tutti e quattro i piani di questo Dipartimento ci si occupa di formazione professionale.
U: Allora mi spieko. Io sono tetesca e ho una Associazioen Professionale. Se io foglio fare un corso, tu mi dai soldi?
 
(sta roteando gli occhi)Io: No. Se lei è il legale rappresentante di un Organismo di Formazione, deve accreditarsi presso l’Albo della Regioone, poi …..
U: TU NON HAI KAPITO. Io so che FOI TATE SOLTI a Associazioni Kulturali per attività Kutlrlglglg

(perchè, perchè ho chiuso la porta quando è entrata? mentre sto già pensando alla notizia del giornale locale di domani: “Una folle si introduce nel palazzi della Regione e massacra una precaria” una luce mi appare in fondo al tunnel)

Io: ahhhhhhhhh  Associazione Culturale!! Ma allora lei ha sbagliato stanza. Deve andare dal collega Pinco Pallo, piano di sopra e

 

(si alza e si appoggia con tutte e due le mani sulla scrivania. Io sto per invocare la mamma)

U: E LI’ MI TARANNO SOLTI????
Io: beh sì, non grandi cifre, credo che i contributi regionali siano intorno ai 2-3.000 euro all’anno, però
U: KRAZIE!!!Spot di chiusura:
“Il servizio pubblico!!!
Non importa chi voi siate,
se chiedete SOLTI, avrete”

 

Trasloco, anche d’ufficio / 5

Il potere, in un ufficio pubblico che trasloca, è detenuto da chi possiede il nastro adesivo da pacchi (prima) un taglierino, chiodi e martello (dopo).
Se poi possiedi anche una SCALA a PIOLI, sei veramente un fichissimo strapotente.

Trasloco, anche d’ufficio / 4

Allora: vabbè, io e Stelvio non c’avevamo poi tutta ‘sta stanza da smontare. E comunque i nostri bei 15 scatoloni li abbiamo riempiti. Però adesso essi giacciono vuoti fuori dalla nostra nuova stanza, e il loro contenuto è stato sistemato alla grande nel nuovo armadione che ancorchè un pò sinistro è ben più grande del precedente.
Le nostre scrivanie sono state riarredate.
I nostri computer e linee telefoniche più o meno funzionano, prova ne sia che sto qua ad aggiornare il blog. Insomma, la vita – lavorativa – può riprendere, dopo soli 5 giorni.

Ma allora secondo voi è normale che gruppi di colleghi si aggirino fra i corridoi con la stessa faccia smarrita di quella di Titanic quando cercava il biondino protagonista (i nomi non sono il mio forte, lo so), con l’acqua alle ginocchia?

Trasloco, anche d’ufficio / 3

Il buongiorno si vede dal mattino.

La giornata – e con essa la settimana – è iniziata con me e Stelvio che abbaiavamo furiosamente, come il cane Melampo, all’indirizzo del collega furbetto che sta coordinando il trasloco, del quale abbiamo – con ritardo, lo ammetto – intuito il bieco piano: cedere le nostre scrivanie, a suo tempo da noi conquistate in un duello all’alba con due colleghi prematuramente scomparsi, a dirigenti non meglio specificati.
A noi sarebbero andati due meravigliosi piani di formica smangiucchiata montati su cavalletti da cantiere, in pratica i tavoli dove ad oggi mangiano i traslocatori.

Stelvio ha minacciato di rintracciare la stanza dove le NOSTRE scrivanie sarebbero state ricollocate e andare lì a smontarle, incurante del dirigente che ci siede dietro. E’ intervenuto il sotto-dirigente e dopo alcune ore di difficile mediazione abbiamo raggiunto un compromesso: ci verranno date altre scrivanie, MA simili a quelle che ci tolgono. Secondo me ci hanno inculato, ma intanto siamo gli unici che non hanno ancora incominciato a inscatolare, quasi a minacciare con nonchalance di occupare il vecchio edificio e prendere in ostaggio Matteo – figura mitologica composta da metà uomo in divisa e metà guardiola – se non ci portano un’auto e 30.000,00 euro in biglietti di piccolo taglio non segnati.
E le nostre scrivanie, già che ci siamo.

E non scherziamo nemmeno con le poltrone: la mia è riconoscibile perchè ha lo schienale punteggiato di capelli biondi, che avrei sempre voluto pulire con una spazzola adesiva ma non ho mai trovato l tempo di fare. Ma ora la negligenza mi torna comoda. Se mi sottraggono la poltrona, posso sempre chiamare i RIS e fargli rintracciare quel capello biondo con il DNA che non saranno riusciti a strappare via dalla tappezzeria delo schienale.
Maccheggente.

Trasloco, anche d’ufficio / 2

In fondo al corridoio sono comparsi degli inquietanti scatoloni ripiegati che una volta aperti sembrano capaci di inghiottire l’intero ufficio.
Stelvio e io ci stiamo interrogando da un paio di settimane sul fondamentale interrogativo: lo scarto di tonnellate di carta inutile che si è accumulato nella nostra stanza, lo facciamo prima di mettere la suddetta monnezza negli scatoloni, o lo facciamo dopo, quando gli scatoloni pieni di cartaccia saranno stati portati nella nuova stanza da bestemmianti facchini della Ditta Traslochi?
Io propendo per la tesi meno umanitaria, che ci fa perdere poco tempo per il riempimento, basta buttare tutto dentro a casaccio, anche per esempio l’utilissima pubblicazione “Festa di San Giovanni Gualberto” a cura della Fondazione di San Giovanni Gualberto, Patrono dei Forestali d’Italia.
Stelvio, come tutti gli uomini, è meno crudele di me e propende per una tesi intermedia, ovvero una cernita grossolana, riservandoci quella più fine all’arrivo nel nostro pur sempre Circo di Pazzi, ma però tutto nuovo e scintillante.

Fenomenologia dei buffet

Quando avrò vinto al Superenalotto – perchè io un giorno vincerò, statene certi – oltre alla rosticceria a Libertyville (IL), USA, aprirò un centro di recupero per i dipendenti da buffet. Che curerà innanzitutto la sottoscritta. Io non resisto, davanti ad un buffet. L’idea che il cibo è lì, davanti a me, mille piccole cazzatine che devo solo allungare la mano e prendere, che manco si vedono nel piatto, mi fa completamente perdere il lume della ragione.  E la dieta un filo ne risente, se mi sfondo di palle di riso – fettine di salame – tocchetti di formaggio – pizza piccante – pizza normale – pizza con le cipolle – salatini – torta di verdura – nachos con la salsetta piccante messicana – crostini con il guacamole – che è esattamente quello che ho mangiato venerdì sera ad una cena di compleanno. Uno di tutto, però tutto. E sulle cose che mi sono piaciute di più, ritorno. Sugli arancini di riso con i funghi ho avuto una imbarazzante caduta di stile, ne avrò mangiati 12, una crisi quasi mistica. Erano fatti in casa, piccoli, buonissimi, ma si sono piazzati come malta di cantiere sul fondo dello stomaco e lì sono rimasti, sordi al’intervento di qualunque succo gastrico potenziato con Maalox, per le 36 ore successive.
E lunedì, one kg. more.
Tenetemi lontana da un buffet.
Vade retro, rustici col wurstel, mozzarelline impanate, vol-au-vent ai gamberetti.

Trasloco, anche di ufficio

Eh insomma traslochiamo.
La finiamo di stare in un un fatiscente palazzo in pieno centro, antico, tutto stucchi, per trasferirci in un bellissimo palazzone ipermoderno in aperta campagna dove aveva sede il Consiglio Regionale che si è già trasferito in un altro palazzone ancora più supermoderno costruito venti metri più in là. E vicino ad altri identici palazzoni supermoderni dove hanno sede TUTTI gli altri uffici regionali.

Eh vabbè, ma almeno adesso non avremo più problemi di parcheggio.
Eh vabbè, ma almeno adesso non stiamo più sull’Aventino, lontani da tutti, che ogni volta per partecipare ad una riunione era un viaggio.

Certo.
Ma vuoi mettere andare a fare colazione al Gran Caffè? mi ha detto in gramaglie la responsabile dell’URP. Ovvvio. Una consistente fetta di mie colleghe è già in lacrime per l’abbandono del sempre possibile passeggio in Centro. So cosa pensate. Una dipendente pubblica non dovrebbe avere la possibilità di passeggiare in centro in orario di ufficio. Appunto. Non dovrebbe.

Il matrimonio del secolo / 3

Dialogo fra la cugina che va sposa e mia sorella, dall’altra parte dell’Oceano:

SORELLA: “Ehilà, FishGun!” (questa andrebbe spiegata, ma non ho tempo, diciamo che è lessico familiare tradotto in inglese per ovvie ragioni di attuale residenza della mia congiunta)
CUGINA: “Guarda che è inutile che cerchi di imboscarti. Se tua mamma fa il testimone, a te e tua sorella (che sarei io, N.d.R.) tocca leggere in chiesa.
S: “Leggere?”
C: “Leggere. Hai presente le letture, quelle che si fanno su un podio, al microfono, prima della predica?”
S: “Non potrei fare un’altra cosa? Che so, portare un cero? Reggerti i guanti? Una cosa muta, insomma”

che la dice abbastanza lunga sulle attitudini alla socialità e sul protagonismo di mia sorella.

Settembre arriverà [Il matrimonio del secolo / 2]

E non solo: ad onta delle nostre già scarse finanze, mia cugina ha chiesto a mia mamma di fare da testimone.  Il budget si gonfia a dismisura, dovendo già comprendere il viaggio da e per l’isola, ed i già citati abiti da sera tempestati di pietre preziose.

Così si usa laggiù, ha detto mia cugina. Così come? Tre (e dico tre) testimoni di cui uno della generazione passata? Di cui uno parente in via collaterale (gli altri due sono i fratelli della sposa)? di cui uno professoressa in pensione? signora tracagnotta?