Fenomenologia dei buffet

Quando avrò vinto al Superenalotto – perchè io un giorno vincerò, statene certi – oltre alla rosticceria a Libertyville (IL), USA, aprirò un centro di recupero per i dipendenti da buffet. Che curerà innanzitutto la sottoscritta. Io non resisto, davanti ad un buffet. L’idea che il cibo è lì, davanti a me, mille piccole cazzatine che devo solo allungare la mano e prendere, che manco si vedono nel piatto, mi fa completamente perdere il lume della ragione.  E la dieta un filo ne risente, se mi sfondo di palle di riso – fettine di salame – tocchetti di formaggio – pizza piccante – pizza normale – pizza con le cipolle – salatini – torta di verdura – nachos con la salsetta piccante messicana – crostini con il guacamole – che è esattamente quello che ho mangiato venerdì sera ad una cena di compleanno. Uno di tutto, però tutto. E sulle cose che mi sono piaciute di più, ritorno. Sugli arancini di riso con i funghi ho avuto una imbarazzante caduta di stile, ne avrò mangiati 12, una crisi quasi mistica. Erano fatti in casa, piccoli, buonissimi, ma si sono piazzati come malta di cantiere sul fondo dello stomaco e lì sono rimasti, sordi al’intervento di qualunque succo gastrico potenziato con Maalox, per le 36 ore successive.
E lunedì, one kg. more.
Tenetemi lontana da un buffet.
Vade retro, rustici col wurstel, mozzarelline impanate, vol-au-vent ai gamberetti.

81 risposte a “Fenomenologia dei buffet”

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