Vado a vivere da sola

Vado a vivere da sola.

Siete pregati di non ridere e di non fare commenti malevoli sul ritardo con il quale, all’alba dei miei 40 anni, ho preso questa decisione.

I miei genitori invece delle crisi isteriche e delle recriminazioni che io temevo, si sono detti d’accordo e mia madre ogni giorno mi offre uno dei mobili di casa da portarmi via (“La vuoi la consolle dell’ingresso?” “Potresti portati l’armadio della tua stanza”), segno dal quale deduco che in realtà non vedeva l’ora di liberarsi di me e/o dei mobili di casa sua.

Quindi, la ricerca di casa è ufficialmente partita. Ho maturato una certa esperienza (ricordate? la mia casa cosiddetta coniugale, che cercavo l’anno scorso?) e quindi ho cominiciato a cassare il “monolocale in stabile signorile in pieno centro” (= soffitta in palazzo fatiscente sotto al quale non troverai parcheggio nemmeno se minacci il suicidio) e “l’appartamento in villetta ingresso indipendente” (= ex stalla in mezzo al bosco).
Sono cose, come direbbe un mio amico.

Mondo, giorno

Ma è solo un momento, appunto.

Poi mi rendo conto che non sono libera di passare la domenica con l’uomo che amo e risprofondo nella depressione. Ho anche paura di volare, e invece fra una settimana prenderò ben due aerei di cui uno intercontinentale per un totale di quasi 12 ore col culo per aria che è una cosa innaturale perchè se Dio avesse voluto farci volare ci avrebbe fatto spuntare le ali, no?  per andare da mia sorella, udite udite, portandomi dietro mamma e papà.

Sarà un disastro da cui non mi riprenderò se non a forza di pillole grigie il cui nome finisce in -tox o -ina.

Autostrada, notte

E’ notte, il buio è tiepido, profuma di gelsomini e mi entra a ventate dai finestrini dell’auto spalancati come se mi mancasse l’aria.

Il tachimetro segna 80, poi 95, poi 110, poi 140 poi rallento perchè Ceres + Matusalem non depongono proprio a favore della mia prontezza di riflessi.

Ma non c’è problema, la mezzeria si snoda invitante sotto le ruote, nei – pochi – tratti nei quali i lavori del’A3 sono finalmente finiti c’è tanto di quello spazio che nessuno dei frequentatori abituali ci si raccapezza più, e barcolliamo da una corsia all’altra ebbri di gioia per tutto ‘sto posto. Lo stereo pulsa una gioiosa tammorra salentina, la tengo sparata a così alto volume che secondo me la sentono pure nelle case ai bordi dell’autostrada.

Il profumo della primavera, la modica velocità, la musica andrenalinica, un pò di alcool nelle vene, il buio, il vento.

Per un breve momento, sono quasi felice.

Non si muore, alla fine

Con i favolosi guadagni consentitimi (ehe, che grammatica ardita) da un anno di impiego pubblico ancorchè precario, ho fatto un regalo alla mamma e, visto che i vecchi si stavano silenziosamente sbriciolando e lasciavano passare i passeri, ho fatto installare ben due nuovi infissi a casa mia. Uno in camera sua, uno in camera mia. E’ quella stessa finestra che prima sbatteva quando c’era vento, terrorizzando le mie notti adolescenziali perchè il rumore era identico a quello del terremoto che avevo sperimentato di persona solo qualche mese prima.

Adesso non sbatte più. Stento a crederci, mi manca, quel rumore. O forse mi manca quella ragazzina che passava un’ora a mettere zeppe di carta nelle guide della serranda per impedirgli di sbattere.

Da un mese circa sul viadotto dopo la galleria prima di P. hanno alzato e rinforzato le paratie esterne. Barriere frangivento, dicono. Barriere tese a scoraggiare il suicidio, penso io. Sì, Fratello, è proprio QUEL viadotto. Un viadotto dal quale si sono buttate almeno 10 persone negli ultimi 7 anni, forse perchè è un posto bellissimo, alto il giusto per essere sicuri di restarci secchi, silenzioso, poco trafficato, che affaccia su bosco e campagna, falchi in volo, insomma il posto ideale per salutare il mondo. E magari qualche volta anche per decidere – senza pensarci, istintivamente – che NIENTE può essere così terribile da voler rinunciare per sempre a tutto il resto.

Ogni volta che ci passo saluto mentalmente quelle due o tre persone che conoscevo pure io, che si sono buttate da lì. E saluto mentalmente quella che è stata lì lì per farlo.

Insomma sto bene, nonostante

La tonnellata di esami che quello psicopatico del medico curante mi ha prescritto hanno accertato, indovinate un pò?
CHE SCHIATTO DI SALUTEEEEEE!!!

Vabbè, ho il solito problema urogenitale del quale non saprei più come fare a meno ormai, e che mi altera di un tot le analisi della pipì nel vasetto e talvolta mi impedisce di godere appieno delle gioie del sesso, ma che sarà mai? Basterà il solito consulto strapagato dal solito luminare che mi prescriverà il consueto antibiotico che non servirà alla consueta cippa, ma per il resto tra le mie analisi del sangue e quello del disgraziato che hanno sparato in orbita due giorni fa non c’è alcuna differenza.

E quindi è inutile che rompo di coglioni, non ho scompensi ormonali nè tiroidei nè di alcun altro genere noto alla scienza medica, per dimagrire devo solo fare la fame per circa due anni senza fiatare. Che culo, dico io.

Analisi

Le analisi prescrittemi messe una accanto all’altra sono pari all’incirca alla distanza fra casa mia e Piazza San Pietro. Però ci sono delle buone notizie, eh: non ho la pressione bassa, perchè “tende pericolosamente all’altino” mi rassicura il mio cerusico di fiducia. E poi la crosticina che ho sul capezzolo sinistro non è un principio di tumore, come ero convinta io, ma una banale psoriasi curabile con una cremina a base di cortisone.

Non mi resta che pisciare nel vasetto, dare il braccio all’ago della scienza e attendere con pazienza i risultati.

La santa Pasqua!

Mi space per il guru, ma fare la morta mi riesce malissimo.
Questo non vuol dire che io stia bene, l’immagine mentale che più mi gira in testa in questi giorni è quella vignetta di Altan (o ElleKappa? no, Altan) nella quale un personaggio dice “Potrebbe andare peggio” e l’altro risponde “No”.

Mi salverà come sempre la sana ironia / vena umoristica che mi porto dentro come un marchio di fabbrica, ce l’hanno uguale mia sorella, mio nonno buonanima, mio cugino.

Buona Pasqua a tutti.

Elaborare il lutto

Elaborare il lutto, dice il guru.
Visto che è lunedì, prendiamo la settimana santa come riferimento, paradigma culturale, se non spirituale, per farlo. Visto che non credo.
Seppellirsi nella famosa buca del terreno fino a Venerdì.
Morire, dando fondo alle sofferenze, scendendo in fondo al pozzo del dolore che provo.
Sparire dalla circolazione per tutto Sabato.
Domenica, risorgere, concedendomi una passeggiata, aria, sole sulla faccia. 
Lunedì magari mare, amici, “persone che mi facciano stare bene”.

Cambiare scheda al telefono non è obbligatorio ma sarebbe auspicabile.

E’ razionale tutto ciò, lui fa il suo dovere di guru.
Ma mi strazia, si può dire?

E capirai che scoperta

Va bene, adesso è chiaro, cioè era chiaro anche prima almeno a me ma sentirselo dire da lui a svariate decine di euro a ora fa un altro effetto, eh: IO HO UN PROBLEMA. E capirai che scoperta. Un problema che è la somma di parecchi problemini più piccoli che si perdono nella notte di quella che pure mi era sempre sembrata un’infanzia felice.

Risultato? Non ho un rapporto sereno con me stessa. Mi odio e mi disprezzo, mi trattengo a stento dallo sputarmi in faccia quando passo davanti ad uni specchio. Ho il terrore dell’abbandono, e do ad altri la colpa di una mancanza di autonomia e libertà che è solo mia. La rabbia verso di me si traduce in una sostanziale dis-cura della mia persona. Quindi se ho 15 chili di sovrappeso, la pelle grigiastra  e spenta, non mi depilo, mi vesto che sembro una profuga albanese prima dell’imbarco, se ho i capelli che sembrano la scopa della Befana è perchè mi odio e mi disprezzo.

Interessante.

Suggerimenti?

Terapia per la settimana: datti alle cure delle tua persona. Fitness, massaggi, parrucchiera, estetista, e cazzo vai da un dietologo. Vabbè, cazzo non l’ha detto ma il tono pareva quello. Coccolati, amati, vuoliti bene. Se ti restano due ore dalla sarabanda impazzita che è la tua giornata lavorativa, spendili per un sano ozio e per fare una cosa che ti piace. Quando tutto va storto, comprati un vestitino corto.

Interessante.