Ieri ho partecipato via audio Skype ad un incontro che si teneva a Matera, nel quale si parlava di Open Data (o dati aperti, se siete irrimediabili italofoni). Ne parlavano esperti italiani: Ernesto Belisario, Morena Ragone, Matteo Brunati, Vincenzo Patruno.
Il movimento per la liberazione dei dati è un movimento mondiale, e il gruppo di persone che se ne occupa in Italia lo ha giustamente ribattezzato, in onore alla bandiera nazionale, e forse anche a Totò ed Alberto Sordi, Spaghetti Open Data (#SOD se ne volete parlare su Twitter, @spaghetti_folks se – sempre su Twitter – volete capire che stanno combinando). Qualche settimana fa a Bologna si è tenuto il primo raduno nazionale di “spaghettari”. L'ho seguito via Twitter per quel che potevo e pare sia andata molto bene. Uno dei frutti più carini venuti fuori dal raduno è stato Twitantonio (#twitantonio, questa volta sicuramente in omaggio a Totò) una banca dati aperta (e poteva essere diversamente?) al contributo di tutti, per inserire gli account twitter di TUTTI i candidati alle prossime elezioni politiche 2013. Modestamente, ho dato il mio minuscolo contributo, inserendo gli account twitter dei candidati PD della mia Regione (quelli che sono su Twitter, ovviamente).
Perchè se ne parlava a Matera? perchè Matera, candidata a Capitale Europea della Cultura per il 2019, vorrebbe diventare una delle (poche) città wiki italiane, ovvero una delle città nelle quali si utilizzano procedure decisionali e si scelgono policy pubbliche con il fattivo contributo dei cittadini. Cittadini attivi, che scelgono deliberatamente di partecipare a processi decisionali che li riguardano, nella consapevolezza che l'intelligenza collettiva è quasi sempre vincente rispetto a quella individuale, per quanto aperta e illuminata possa essere quest'ultima. Anche qui esiste un movimento nazionale, che si chiama WikItalia, e che ha in Riccardo Luna il suo ideatore e motore primo.
Cosa ho sentito, ieri? Tutte cose troppo belle per essere vere (questa ve la spiego fra un attimo), ad esempio:
- i dati sono tutti i numeri che la Pubblica Amministrazione ha in tutti i suoi cassetti, perchè fanno parte integrante del suo lavoro, e che nei cassetti restano, mentre invece sarebbe tanto utile “aprirli”, ovvero pubblicarli in un formato aperto (ad esempio un foglio Excel non criptato) perchè possano essere riutilizzati (“riutilizzo” è parola chiave: dati pubblicati senza che nessuno se ne serva … non servono – per restare nelle metafore decurtisiane). Esempi? Dati di rilevazione delle centraline antinquinamento. Dati sui furti in appartamento negli ultimi due anni. Dati sui percettori di indennità di mobilità. Dati sul numero di turisti arrivati e su quelli ripartiti, e dopo quanto tempo. Dati sui progetti avviati e portati a termine con fondi di coesione. Bilanci pubblici. Risorse stanziate per la ricostruzione di aree terremotate, come e a chi assegnate, quanto spese. E così via.
- a che servono i dati aperti? Possono servire a creare ad esempio app che migliorano la nostra qualità della vita (compratela voi, una casa in un quartiere dove c'è il tasso più di alto di scippi per strada o di furti negli appartamenti). Possono servire a capire se i nostri soldi sono stati ben spesi, e alla lunga servono a smascherare bugie ed intrallazzi politici, contribuendo a ripulire la scena da corruttori e corrotti. Servono a cambiare rotta su politiche pubbliche che non hanno sortito gli effetti sperati, quindi servono a migliorarare, in un circolo virtuoso continuo, i cittadini e i loro governanti. Servono a rendere concrete parole come “trasparenza”, “apertura”, “partecipazione”.
Perchè troppo belle per essere vere? perchè io nella PA ci lavoro. E so che sarà necessario un lavoro durissimo, di martello pneumatico, non di fioretto, per:
- far passare una norma che OBBLIGHI le PA a pubblicare i dati posseduti. Non è un caso che un entusiasmante progetto di legge, nella mia Regione, presentato in pompa magna e squillo di trombe, giaccia in un cassetto (ammesso che qualcuno si ricordi in quale cassetto) da più di un anno
- anche quando sarà obbligatorio, convincere i funzionari a FARLO veramente. Il possesso della informazione è potere: su questo assioma si reggono intere costruzioni di carriere pubbliche. “Devi passare di qua, se vuoi sapere che succede” è il non detto su cui si fonda quasi ogni policy delle PA che ho conosciuto. Perfino in uno stesso edificio, a due porte di distanza, la mano destra non sa cosa fa la sinistra. La “filosofia del tirettuccio”, la chiamava un mio amico. Il tirettuccio è il cassetto, ove tutto scompare e nessuno – se non chi sovrintende – ne sa più nulla. Forse l'ho fatto anche io, qualche volta, perchè diffondere notizie e dati quando nessuno ti ha chiesto di farlo può essere addirittura pericoloso e farti saltare la sedia sotto al culo.
Voglio darmi una speranza di un futuro migliore, ed essere ottimista, credere che prima o poi “raw data now” diventi realtà.
Ma non lo so.
Condivido il tuo ottimismo, più come auspicio. Lavorando a pochi metrio da te (e prima a pochi centimetri), sai come la penso e come ho scritto già
(http://tecnodidatticamente.blogspot.it/2012/08/la-certificazione-di-snoopy.html).
Di sicuro non basta da solo, ma io come addestramento e invogliamento di massa al “martello pneumatico”, nel senso spiegato nel posto propongo open data IN e DA (non “su”) la scuola, nel senso spiegato qui: http://mfioretti.com/marseille-open-data-infrom-schools-workshop