Smart ma non troppo

Un giorno, quando sarò vecchia, racconterò la storia dei molti appuntamenti a cui ho partecipato, che avevano come tema il futuro, la tecnologia innovativa, gli opendata, la wikicrazia, le città smart, e tutte queste meravigliose cose raggruppabili sotto lo slogan “con la rete, tutto è possibile”, e però …

…. non c'era la rete.

Questo perchè in genere questi incontri vengono fatti in luoghi molto suggestivi, ad esempio ex cave di tufo, chiese del primo Medioevo sconsacrate, antichi teatri, cantine di Chianti, rifugi antiatomici, trincee, blind rooms della CIA. Tutti posti bellissimi, con un unico problema: non arriva nessun segnale wireless di nessun gestore telefonico. E al wifi nessuno ci pensa, perchè – nonostante il titolo del convegno sia “La Rete per un domani migliore”, nessuno pensa ad assicurare la Rete dentro al bunker.

L'ultimo della serie è stato l'appuntamento di ieri sera di PotenzaSmart (gli altri incontri stamattina, oggi pomeriggio e domani mattina). Un incontro durante il quale ascoltare da esperti il futuro delle città, come contenitori di innovazione, ma anche di un nuovo modo di intendere qualità della vita,  partecipazione attiva, in definitiva un nuovo modo di fare “politica” nel senso più antico del termine, quello di “discorso sul e con il luogo dove si vive e si opera”, la polis, il centro della nostra vita.

L'iniziativa è a cura (molto meritoria) dell'Amministrazione Comunale, che ha la fortuna di avere un Sindaco ricettivo e disponibile. C'era qualche dettaglio che non mi convinceva, ad esempio le “idee per la città” mandate via mail e moderate prima di essere pubblicate, e l'impossibilità di commentare le idee altrui. Non sono un'esperta, ma ho fatto altri tipi di esperienze, diverse e più aperte: va corso qualche rischio, se vuoi mobilitare l'intelligenza collettiva. Ma insomma ero ben disposta.

Arrivo nel Teatro Stabile, mi siedo, in seconda fila perchè sono miope e voglio vedere bene relatori e schermo. Parla Giuseppe Granieri, maestro di cerimonie della serata, poi il Sindaco, poi l'Assessore alle Attività produttive (i finanziamenti per le Smart City passano per il suo Dipartimento). Sono lì per diffondere la serata al mondo, e quindi apro l'iPad e mi dispongo a twittare. Non c'è campo, per la wireless Vodafone. Sto santiando quando vedo la magica finestrella: esiste un wifi “Potenza Smart”. Beh, ovvio.

Peccato che il wifi non funzioni.
Mi sposto di sedia, qualche fila più dietro, disturbando chiunque.
Niente.

Ve la faccio breve: ho peregrinato per tutto il teatro (ultime file, destra, sinistra, palchi sotto, sopra, di fianco), fino a che mi sono resa conto che se volevo rendere conto al mondo della serata l'unica era escludere il wifi, e twittare in piedi nell'andito che separa il palco dal foyer, e per di più dando le spalle al relatore, perchè se mi giravo immediatamente perdevo tre tacche.

Il risultato è stato un braccio sinistro (quello che reggeva il tablet) formicolante, mal di schiena, autostima a zero (le signorine del servizio sala, ne sono certa, mi hanno presa per pazza: una signora nel semibuio di spalle alla sala che scrive furiosamente su un tablet con una mano sola, masticando imprecazioni), e soprattutto  l'attenzione al relatore ridotta. Ovvero, mi sono persa molti passaggi di Luca De Biase, e anche il senso complessivo del discorso, di cui posso riassumere solo alcuni punti: che dovrebbe esistere una ecologia del linguaggio, come esiste dell'ambiente; che la situazione oggi in Italia é che le posizioni di pochi bloccano lo sviluppo innovativo di molti; che una Smart City ha un  impatto forte sulle nostre vite, perchè modellare la città vuol dire modellare i suoi abitanti; che manca una visione del futuro a lungo termine, in Italia; che nonostante genio e creatività il nosto Paese non esplode perchè manca una prospettiva condivisa, ed è su quella che dobbiamo puntare.

Oggi c'è il secondo appuntamento.
Però scusate, ma io tengo un'età: vengo, ma mi siedo e non racconto niente a nessuno via Twitter. Ergo, faccio come facevo 10 anni fa, quando la rete non esisteva in forme così accessibili, e così smart. Cioè non faccio la cosa più smart di tutte: raccontare le cose mentre si svolgono, confrontando il mio pensiero con quello degli altri presenti MENTRE LE COSE ACCADONO, non dopo. In altre parole, non si partecipa, se si escludono i pochi fortunati che sono riusciti ad agganciare la rete wifi (evidentemente troppo debole) o che hanno un gestore telefonico diverso dal mio. E un evento nel quale è impedito a metà dei presenti di partecipare attraverso la rete, mi spiace, ma tutto è tranne che smart.

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