p style=”text-align: center;”>
Che sei tornato a fare?
Lui torna a primavera. Si piazza sotto le mie finestre, e canta di notte.
L’anno scorso ho ricevuto come un dono quel canto d’amore, l’ho inseguito, sono uscita sul balcone alle 3 del mattino con la neve per ascoltarlo e commuovermi.
Stanotte è tornato. Ha cantato tutta la notte, con punte di virtuosismo fra le 4 e le 5 del mattino. Ho pregato che smettesse, ho messo la testa sotto il piumone, ho alzato il volume della tv accesa sull’ennesima biografia papale pur di non sentirlo. Avrei voluto sgozzarlo con le mie mani. Perchè mi canta tutta la mia disillusione, mi canta l’amore che non sento più, mi dice che si può essere felici mentre io sono sul fondo di un’infelicità pressochè assoluta. Perchè mi ricorda che l’anno scorso di questi tempi tutto mi pareva possibile, ora non mi pare possibile più niente.
Vattene, usignolo o merlo o che cazzo sei della malora. vai a cantarti la tua merla da un’altra parte. Se ritorni ti prendo a bottigliate.
Primavera, magari
Un insolito fenomeno atmosferico ha colpito stamattina la cittadina nella quale mi ostino a vivere.
Il cielo, invece del solito color fango piombato, era di una strana colorazione che nessuno sapeva ben definire. Una colorazione chiara e piuttosto luminosa, forse anche per via di una curiosa fonte luminosa che stazionava proprio lì in alto, muovendosi col passare delle ore, che creava ombre e giochi di luce sul terreno. Anche la temperatura è un pò aumentata, e la neve – assurdo – ha cominciato a sciogliersi. Dissolta anche la normale nebbia eschimese, dentro alla quale poteva esserci Babbo Natale con tutte le renne o un TIR slovacco che inchiodava.
Dopo 45 giorni vissuti come nella tundra artica, oggi cielo blu e sole.
Primavera in Basilicata
Il paesaggio rurale della mia selvaggia bellissima terra mi riserva anche quest’anno il miracolo della primavera.
E’ difficile da capire, se non l’avete mai visto, passando in pullman o in auto.
Il terreno agricolo, seminato a grano, foraggio, cereali vari, si ricopre in questi giorni di una peluria verde smeraldo, una moquette brillante del tutto inusuale che spicca fra il bruno della terra smossa, il grigio dell’argilla, gli alberi ancora rinsecchiti. Prima timidamente, poi con uno slancio vitale il verde tenero prende possesso del territorio, e in pochi giorni è tutto sfolgorante come se fosse stato dipinto da Van Gogh. Dura poco, perchè poi prende il sopravvento il verde scuro delle foraggere o il giallo di grano e altri cereali, e proprio perchè dura così poco è uno spettacolo da non perdere: per la sua bellezza cromatica selvaggia, e poi perchè ha un che di stonato, di forte, di fuori posto, un verde così squillante e chiassoso in una terra dominata dal senso arcaico della riservatezza propria dei contadini, dal silenzio, dal fuori dal mondo.
Come notava giustamente Carlo Levi in Cristo si è fermato a Eboli, anche lui – Levi – affascinato come me da questo spettacolo urlato e repentino, il verde brillante della primavera sui monti fa lo stesso effetto del rossetto sulle labbra e le facce cotte dal sole e dalle intemperie e dalla fatica delle contadine: un contrasto stridente, irriverente e forse perfino un pò patetico, che dura il tempo di una festa di paese.
La morsa della primavera
APERTURA DI TG
(uno di questi giorni)
(voce ansiogena, musica drammatica di sottofondo):
L’ITALIA NELLA MORSA DELLA PRIMAVERA
“L’intera penisola attraversata da temperature intorno ai 15 gradi, con folate di vento fino a 3 km. orari. Ad aggravare la situazione il profumo portato dal vento, fiori, mare, erba appena spuntata. Particolarmente grave la situazione nelle montagne della Sila, dove sono fioriti i mandorli e branchi di mucche da latte in amore si accoppiano disordinatamente con tori di incerta provenienza nel fieno montano.
Gli automobilisti bloccati sull’Autosole da riflessi di cielo azzurro hanno dovuto essere soccorsi dalla Protezione Civile, che li ha muniti di tavoli da picnic, uova sode e taralli, mazzi di carte e radioline portatili. Fra Barberino e Roncobilaccio un bambino, sofferente per una grave forma di infantilismo, ha avuto una crisi ed è stato portato di urgenza nel più vicino prato, dove, munito di un pallone, è stato visto inseguirlo urlando di gioia per una mezza mattinata.
Le previsioni non promettono niente di buono. Le temperature potrebbero alzarsi fino ai 20 gradi, e quindi si sconsiglia di mettersi in viaggio se non muniti di telo da mare, borsa termica e calzoncini corti. I Carabinieri effettueranno posti di blocco per verificare la presenza a bordo anche di ciambelle pasquali e ruoti di pasta al forno.”
(Benni & Serra, abbiate pietà di me ..) ![]()
Primavera
Mi sveglio perchè ho sete. Guardo i numeri verdi sul comodino, è quasi giorno. Mi riassesto nel tentativo, sempre un pò a rischio da qualche mese a questa parte, di riprendere sonno. Sento un rumore, anzi no, un suono provenire fuori dalla finestra. Tendo l’orecchio. Ormai completamente sveglia, esco in pigiama a piedi nudi sul balcone.
Ora ho la certezza che la primavera stia per arrivare, perchè nel silenzio assoluto, irreale e buio che precede di poco l’alba, gelida in verità, un usignolo sui rami più bassi dell’abete di fronte casa modula una successione di toni deliziosa, che si staglia netta nell’aria fredda come se fosse dipinta su un vetro. Tace per pochi secondi, poi ricomincia, con una successione leggermente diversa, un pò più alta, un pò più bassa. Quando tace di nuovo, ho la netta sensazione che si stia mettendo in ascolto. La successione modulata di toni sembra un “Ci sei, amore?” “Mi senti? sono qui!” così intenso e appassionato da riempirmi gli occhi di lacrime.
Ripete il richiamo d’amore decine di volte, cambiando ramo, ma il silenzio durante le pause è scoraggiante. Io sto tremando di freddo e ho i piedi quasi blu, ma non riesco a staccarmi da questo piccolo dramma della passione. Ad un tratto, però, flebile, lontanissimo, in un altro quartiere, un richiamo uguale e contrario risponde.
Il mio usignolo lo segue, saltella su altri alberi sempre più lontani continuando a gorgheggiare, lo perdo.
Mi fiondo sotto il piumone cercando di recuperare la sensibilità degli arti inferiori.
Fuori ha cominciato a nevicare piano, ma non mi importa.
