TomTom

“Ok, vado avanti io e voi mi seguite”
“Va bene”
“Perfetto”

Seguiamo un’auto con retro a furgoncino blu per alcuni metri. Poi la piazza del paesino, la curva a gomito, il traffico, il vigile, il casino, un gruppo di turisti disabili, le cavallette, la grandine, Sodoma e Gomorra.

“Eccolo lì, ha girato a sinistra”
“Ha messo la freccia, vai a destra”
“Certo da soli non ci saremmo arrivati mai, eh?”
“Siamo arrivati, si sta fermando”
“Scendiamo a salutarlo”

E’ quando scendo dalla macchina con il mio miglior sorriso e la mano tesa che mi accorgo che sto per baciare un vecchietto di settant’anni, che è sceso da un’auto col retro a furgoncino blu che – ormai si sarà capito – NON E’ QUELLA CHE AVREMMO DOVUTO SEGUIRE, e che la sera racconterà ai nipotini di essere stato pedinato nel centro del paese da un SUV con a bordo tre malepersone che niente niente aveva caccià ‘u fucile.

Un niente, infatti: tanto è il tempo occorso agli abitanti del SUV per risalire precipitosamente in macchina e chiudere gli sportelli. Per smettere di sghignazzare col singhiozzo e le lacrime, invece, ci è voluto un discreto quarto d’ora.

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