Con i favolosi guadagni consentitimi (ehe, che grammatica ardita) da un anno di impiego pubblico ancorchè precario, ho fatto un regalo alla mamma e, visto che i vecchi si stavano silenziosamente sbriciolando e lasciavano passare i passeri, ho fatto installare ben due nuovi infissi a casa mia. Uno in camera sua, uno in camera mia. E’ quella stessa finestra che prima sbatteva quando c’era vento, terrorizzando le mie notti adolescenziali perchè il rumore era identico a quello del terremoto che avevo sperimentato di persona solo qualche mese prima.
Adesso non sbatte più. Stento a crederci, mi manca, quel rumore. O forse mi manca quella ragazzina che passava un’ora a mettere zeppe di carta nelle guide della serranda per impedirgli di sbattere.
Da un mese circa sul viadotto dopo la galleria prima di P. hanno alzato e rinforzato le paratie esterne. Barriere frangivento, dicono. Barriere tese a scoraggiare il suicidio, penso io. Sì, Fratello, è proprio QUEL viadotto. Un viadotto dal quale si sono buttate almeno 10 persone negli ultimi 7 anni, forse perchè è un posto bellissimo, alto il giusto per essere sicuri di restarci secchi, silenzioso, poco trafficato, che affaccia su bosco e campagna, falchi in volo, insomma il posto ideale per salutare il mondo. E magari qualche volta anche per decidere – senza pensarci, istintivamente – che NIENTE può essere così terribile da voler rinunciare per sempre a tutto il resto.
Ogni volta che ci passo saluto mentalmente quelle due o tre persone che conoscevo pure io, che si sono buttate da lì. E saluto mentalmente quella che è stata lì lì per farlo.