Che sei tornato a fare?

Lui torna a primavera. Si piazza sotto le mie finestre, e canta di notte.
L’anno scorso ho ricevuto come un dono quel canto d’amore, l’ho inseguito, sono uscita sul balcone alle 3 del mattino con la neve per ascoltarlo e commuovermi.

Stanotte è tornato. Ha cantato tutta la notte, con punte di virtuosismo fra le 4 e le 5 del mattino. Ho pregato che smettesse, ho messo la testa sotto il piumone, ho alzato il volume della tv accesa sull’ennesima biografia papale pur di non sentirlo. Avrei voluto sgozzarlo con le mie mani. Perchè mi canta tutta la mia disillusione, mi canta l’amore che non sento più, mi dice che si può essere felici mentre io sono sul fondo di un’infelicità pressochè assoluta. Perchè mi ricorda che l’anno scorso di questi tempi tutto mi pareva possibile, ora non mi pare possibile più niente.

Vattene, usignolo o merlo o che cazzo sei della malora. vai a cantarti la tua merla da un’altra parte. Se ritorni ti prendo a bottigliate.

Primavera

Mi sveglio perchè ho sete. Guardo i numeri verdi sul comodino, è quasi giorno. Mi riassesto nel tentativo, sempre un pò a rischio da qualche mese a questa parte, di riprendere sonno. Sento un rumore, anzi no, un suono provenire fuori dalla finestra. Tendo l’orecchio. Ormai completamente sveglia, esco in pigiama a piedi nudi sul balcone.

Ora ho la certezza che la primavera stia per arrivare, perchè nel silenzio assoluto, irreale e buio che precede di poco l’alba, gelida in verità, un usignolo sui rami più bassi dell’abete di fronte casa modula una successione di toni deliziosa, che si staglia netta nell’aria fredda come se fosse dipinta su un vetro. Tace per pochi secondi, poi ricomincia, con una successione leggermente diversa, un pò più alta, un pò più bassa. Quando tace di nuovo, ho la netta sensazione che si stia mettendo in ascolto. La successione modulata di toni sembra un “Ci sei, amore?” “Mi senti? sono qui!” così intenso e appassionato da riempirmi gli occhi di lacrime.
Ripete il richiamo d’amore decine di volte, cambiando ramo, ma il silenzio durante le pause è scoraggiante. Io sto tremando di freddo e ho i piedi quasi blu, ma non riesco a staccarmi da questo piccolo dramma della passione. Ad un tratto, però, flebile, lontanissimo, in un altro quartiere, un richiamo uguale e contrario risponde.

Il mio usignolo lo segue, saltella su altri alberi sempre più lontani continuando a gorgheggiare, lo perdo.
Mi fiondo sotto il piumone cercando di recuperare la sensibilità degli arti inferiori.

Fuori ha cominciato a nevicare piano, ma non mi importa.