A chi mi chiede perchè non mi metto a scrivere un libro, rispondo perchè non scriverò mai così.
E dire che sono esattamente le cose che avrei voluto scrivere io, e non ho avuto la pazienza di fare.
Godetevi il pezzo, io sto ancora ridendo.

La risposta è dentro di te, però è SBAGLIATA
A chi mi chiede perchè non mi metto a scrivere un libro, rispondo perchè non scriverò mai così.
E dire che sono esattamente le cose che avrei voluto scrivere io, e non ho avuto la pazienza di fare.
Godetevi il pezzo, io sto ancora ridendo.
Oggi è una giornata così, con le pezze colorate al culo e i piedi nudi.
Una giornata che si ride delle difficoltà, una giornata che si dice la verità, una giornata che ce la spassiamo in città.
Come ieri sera: tre belle distinte signore sulla quarantina che mangiano la pizza, viste da fuori. Tre ragazzine di 15 anni, viste da dentro, che si rubano le patatine dal piatto, ridono fino alle lacrime di stronzate, come fra i banchi di scuola, e nel frattempo aggiornano un romanzo infinito di gioie e piccoli dolori, di dettagli di vite conosciute così a fondo che se ne potrebbero raccontare a vicenda l’una quella delle altre.
E’ impossibile separare le tre signore da quelle ragazzine che tornavano a casa col motorino cantando a squarciagola e ridendo, in giornate di autunno iniziate con la nebbia e finite con il sole splendente e terso di Ottobre. Una sorta di anossia dovuta alle grandi aule blindate tutta la giornata, allo sforzo di capire e partecipare (all’epoca non era un delitto, stare attente in classe) ci rendevano euforiche e predisposte alla ridarella, quando poi uscivamo all’aria aperta e il cervello si inondava di ossigeno. Una selvaggia voglia di vivere, che non è calata di un millimetro.
Colonna sonora di oggi offerta da Fiorella Mannoia & Enrico Ruggeri.
E poi, quando finalmente hai imparato a vestirti, e più o meno a muoverti, puoi partecipare ad una conferenza su Second Life. Il luogo nel quale le indicazioni date ti teleportano è desolatamente vuoto, e qui scatta la prima umiliazione: se qualcuno non ti viene a prendere vaghi fra mare e passerelle che non portano da nessuna parte. Ma anche il luogo della conferenza comporta alcune difficoltà: per esempio ti può succedere di esagerare con i movimenti – che in fondo hai appena imparato ad utilizzare – e di cascare in mare ben due volte, con la tutor di turno che ti chiede gentilmente se sei in difficoltà ma sono sicura che a casa sua sta ridendo a crepapelle. Per fortuna la morte per affogamento e l’influenza da vestiti bagnati non esistono, su SL, che non a caso è un mondo perfetto.
Poi però scatta pure il divertimento. Una conferenza in SL può essere molto interessante ma a tratti leggermente noiosa come tutte le conferenze del mondo. E allora avere vicino un avatar di sesso maschile, in jeans e canotta bianca, stile camionista, che conosci e col quale puoi ridacchiare genericamente può essere un utile diversivo. Ad un certo punto una tizia in abito nero si piazza sulla sedia davanti alla mia, palesemente in piedi, e per di più agita le braccia. SL o non SL, d’accordo col camionista decidiamo di comportarci come se fossimo in RL: lui la contatta in privato. Questo il surreale dialogo che ne segue:
Lui: “Scusa, puoi sederti?”
Lei: “Ma sono seduta”
Lui: “Io ti vedo in piedi, e agiti anche le braccia, è un problema mio?”
Lei: “E mi sa di sì. Vuoi uno shot?”
Troppo tardi ci rendiamo conto che la tizia deve averlo preso per un tentativo di abbordaggio virtuale, per di più da un rozzo con la barba e la canotta, e qui le risate dilagano. Il mio collega camionista rincara la dose contattando in privato anche un altro avatar con lunghi capelli rossi, seduto affianco a quello che continua a nuotare nell’aria, e le chiede:
“Scusa, tu come la vedi la tizia alla tua destra? Seduta o in piedi?”
Per fortuna la rossa è più seria e non risponde per niente, e per fortuna i nostri microfoni sono chiusi, se no le risate, ormai con le lacrime, le avrebbero sentito anche i relatori. Bella esperienza, comunque, anche se devo ammettere, sicuramente per niubbaggine, che
me ne sfugge la devastante innovatività. Alla fine, mi è sembrata solo una possibile forma, certo molto più “leccata”, di videoconferenza.
Massacratemi pure.
Alla riunione cui ho partecipato oggi c’era il solito campionario umano assortito, e già mi stavo annoiando, quando ha fatto il suo ingresso una coppia che ha superato ogni mia più rosea previsione di distrazione: lui aveva capelli neri col ciuffo impomatato, jeans neri, stivali, una camicia nera con ricami bianchi sui due petti, un amuleto di legno al collo. Un incrocio fra Zorro e Little Tony. Lei pesava 240 chili o forse era incinta ma non si capiva bene e indossava una camicia di velo indiano rosa con gli sbuffi alle maniche, e sembrava l’ippopotamina col tutù di Fantasia di Walt Disney. Non hanno detto una sola parola per tutto il tempo, salvo porre una domanda sulla porta un attimo prima di uscire tutti, dalla quale domanda si capiva benissimo che di tutto il discorso teorico e strategico non gliene fregava una beneamata mazza, volevano solo sapere come regolare i fattacci loro.
Oggi a colazione ho mangiato limone con la buccia, abbiate pazienza.
Siamo in piena emergenza. I nodi cominciano a venire al pettine, sotto forma di Enti pubblici e Associazioni private nostre interlocutrici, che senza averci dato uno straccio di idea per sei mesi adesso vogliono TUTTO: progetto, strategie, piano finanziario, schede di Misura, e centomila altri dettagli coi quali non voglio annoiarvi.
L’Architetto ha completamente toppato la strategia di lavoro, per la quale dovevamo aspettare i contributi “dalla base” prima di metterci a lavorare alle schede di Misura, mentre io e la buddista insistevamo che era meglio farle, poi si faceva sempre in tempo a correggere e/o limare. Risultato: TUTTE le schede di Misura da fare oggi, in un solo giorno, consegna stasera, tassativa. Tutto questo tenendo a bada visite isituzionali, fideiussioni da avviare, fidanzati / mariti / mogli da placare, e centomila altri ciaffi a cui badare.
Le reazioni, dopo 12 ore filate di lavoro, cominciano ad essere diversificate: Paoletta piange, sfinita dalla tensione nervosa e dallo stress, io e la buddista ridiamo, l’Architetto media, sbuffando ogni dodici secondi. Ad un certo punto nel testo mi si para davanti il sostantivo “agroterapia” di cui io, nella mia infinita ignoranza, ho un’idea vaga. Interrogo i compagni di sventura. Per Paoletta l’agroterapia consiste nel prendere un ramo di pino e infilarselo nel culo; per l’Architetto consiste nello stendersi un un campo e aspettare che ci passi sopra un trattore; per me è una cura per schziofrenici, per cui ti mettono a zappare patate per una settimana giorno e notte finchè non dimentichi tutte le tue personalità, compresa quella principale.
Internet ci rivela che trattasi sì di cura, ma non per malati mentali: è una specie di terapia riabilitativa per chi ha problemi agli arti, e comunque consiste (anche) nello zappare. Ho vinto io, quindi offro il gelato (esempio classico di ragionamento Rubik).
Come Dio ha voluto alle ore 22:15 abbiamo spedito per e-mail il frutto grondante sangue delle nostre 13 ore di fatica; incredibilmente, la rete non si è bloccata, i file non sono scomparsi, le versioni successive di uno stesso file (siamo arrivati alla release 9 ter) non si sono fuse tra loro, l’e-mail non è impazzita cominciando a inviare pezzi di progetto nell’etere fino a Marte (dove peraltro sanno benissimo cos’è l’agroterapia).
Domani, Sabato prima di Ferragosto, badate bene, si ricomincia.
Stay tuned, buonanotte a tutti.