La forma è sostanza (per le Poste, almeno)

Devo spedire un pacco negli Stati Uniti.
Contenuto: 3 libri in edizione economica, un etto di caramelline sfuse, una guarnizione di ricambio per una macchinetta da caffè. Valore della merce: 20 euro, si e no.
Faccio diligentemente un bel pacchetto utilizzando una scatola con le proporzioni di una scatola di scarpe (ma un bel pò più piccola). Vado giuliva alle Poste.
La signora prende il pacco, lo pesa, poi mi spara la tariffa: 50 euro.

Glom. 

E’ vero che l’America è lontana, ma una spedizione che costi una volta e mezza il valore del pacco mi sembra un filo eccessiva. Chiedo senza grosse speranze se non ci sia una forma di spedizione più economica, visto che non ho fretta che il pacco arrivi (purchè arrivi).

C’è.

Si può fare una raccomandata. Però – c’è un però surreale – siccome la raccomandata generalmente serve a spedire documenti, ecco che la raccomandata va fatta con una busta. Una di quelle buste gommate e imbottite. Anche grande, sì.

Vado a comprare la busta. La riempio.

Contenuto: 3 libri in edizione economica, un etto di caramelline sfuse, una guarnizione di ricambio per una macchinetta da caffè. Valore della merce: gli stessi 20 euro di prima.
Vado allo sportello, la signora prende la busta, la pesa (stesso identico peso della volta precedente), mi dice la tariffa: 8 euro.

😐

Morale: se della merce viaggia affastellata fino ad avere uno spessore consistente, sarà un pacco e costerà una cifra. Se la stessa identica merce viaggia distesa, con spessore minimo, sarà una raccomandata e costerà 6 volte meno.
Arrivando naturalmente nello stesso identico posto. 

La forma è sostanza, almeno per le Poste Italiane.

Giornata a episodi

Episodio 1.
Devo telefonare ad un funzionario di un Ministero, non dico quale per pietà della nazione. Al numero che avevo risponde un fax. Allora chiamo il centralino. Non risponde nessuno, e sono le dieci del mattino di un giorno feriale che più feriale non si può. Mi viene una botta di astuzia e comincio a fare lo stesso numero a cui mi rispondeva il fax, cambiando solo le ultime due cifre, che come tutti sanno corrisponde a diversi interni. Squilli a vuoto, poi finalmente la fancazzista di turno risponde. Mi pare di parlare con la pizzeria di fronte, tanto che mi viene il sospetto di avere completamente toppato il numero e avere chiamato un appartamento privato. La fancazzista, infatti, biascica che non sa, non capisce, chi vuole? aspetti guardo, no quel cognome qui non esiste (??), ma forse lei vuole parlare con il Dipartimento B, qui è il Dipartimento A e io mi spiace non ho l’elenco (nello stesso Ministero !!), chiami il centralino (questo sì che è un colpo di genio). La fancazzista torna a fare il test di Donna Moderna e io già prossima ad un travaso di bile riprovo col centralino. Squilli, tanti. Alla fine qualcuno alza la cornetta, ma non parla con me, almeno credo, perchè il tono della conversazione è questo: “Che ce l’hai ‘na carammella?” (risate) “Tiente ‘sta carammella, si no me rompi li cojoni fino a domani” (risate doppie, ride tutto il centralino, credo. Rumore di scartocciamento di caramella.) Resto ad ascoltare, affascinata, senza avere nemmeno il coraggio di dire “pronto?” E finalmente una voce – con caramella in bocca, ovvio – si degna di mugolare: “Siiiii????” Chiedo della funzionaria che mi serve, mi passano l’interno. Ovviamente è un fax.

Episodio 2.
“Azioni di attrazione e localizzazione di singoli investimenti produttivi di dimensione unitaria significativa in settori produttivi compatibili con le risorse naturali disponibili e la tutela ambientale”.
E CIOE’??
Il primo che riesce: A. a leggere quanto sopra senza farsi prendere dalla ridarella, nè da crisi di panico; B. a farmi un esempio pratico, cioè a rispondere, argomentandomela, alla mia domanda (e cioè??), vince una copia del documento ufficiale, elaborato da funzionari locali pubblici del Sud d’Italia, nella quale è contenuta la frase in oggetto.

Episodio 3.
Vado alla posta a spedire un pacchetto negli Stati Uniti con posta celere internazionale. L’impiegata non ha mai palesemente fatto niente del genere, è in difficoltà col modulo, con la compilazione del medesimo, non sa dove appiccicarlo, ma comunque riusciamo faticosamente ad arrivare alla fine della trafila. E’ il momento di pagare. La signora prende il cartoncino plasticato sul quale sono riportate le tariffe, suddivise in tre fasce, ogni fascia un certo numero di Paesi, e comincia a consultarlo. Arriva fino in fondo, poi ricomincia daccapo. Riguarda l’indirizzo sul pacchetto. Comincia a sudare. Le suggerisco timidamente di guardare nella fascia 2, lo so che è lì perchè l’ho già fatto altre volte. Niente da fare. Si alza decisa ad andare a chiedere consiglio al responsabile dell’Ufficio. Prima di andare via, per sicurezza, mi chiede: “Mi scusi, ha detto AMERICA, vero?”
Sento un moto di rabbioso sconforto piovermi nelle viscere. “Signora – le dico stringendo la penna come se volessi fonderla – se cerca America, possiamo stare qua fino a domattina. AMERICA è un continente. Lei deve cercare sotto la S di Stati Uniti. O forse anche sotto la U di U.S.A.  Ma non vorrei confonderla.”
Non sono certa che abbia colto l’ironia.