Devo spedire un pacco negli Stati Uniti.
Contenuto: 3 libri in edizione economica, un etto di caramelline sfuse, una guarnizione di ricambio per una macchinetta da caffè. Valore della merce: 20 euro, si e no.
Faccio diligentemente un bel pacchetto utilizzando una scatola con le proporzioni di una scatola di scarpe (ma un bel pò più piccola). Vado giuliva alle Poste.
La signora prende il pacco, lo pesa, poi mi spara la tariffa: 50 euro.
Glom.
E’ vero che l’America è lontana, ma una spedizione che costi una volta e mezza il valore del pacco mi sembra un filo eccessiva. Chiedo senza grosse speranze se non ci sia una forma di spedizione più economica, visto che non ho fretta che il pacco arrivi (purchè arrivi).
C’è.
Si può fare una raccomandata. Però – c’è un però surreale – siccome la raccomandata generalmente serve a spedire documenti, ecco che la raccomandata va fatta con una busta. Una di quelle buste gommate e imbottite. Anche grande, sì.
Vado a comprare la busta. La riempio.
Contenuto: 3 libri in edizione economica, un etto di caramelline sfuse, una guarnizione di ricambio per una macchinetta da caffè. Valore della merce: gli stessi 20 euro di prima.
Vado allo sportello, la signora prende la busta, la pesa (stesso identico peso della volta precedente), mi dice la tariffa: 8 euro.
😐
Morale: se della merce viaggia affastellata fino ad avere uno spessore consistente, sarà un pacco e costerà una cifra. Se la stessa identica merce viaggia distesa, con spessore minimo, sarà una raccomandata e costerà 6 volte meno.
Arrivando naturalmente nello stesso identico posto.
La forma è sostanza, almeno per le Poste Italiane.
