Il matrimonio del secolo / 3

Dialogo fra la cugina che va sposa e mia sorella, dall’altra parte dell’Oceano:

SORELLA: “Ehilà, FishGun!” (questa andrebbe spiegata, ma non ho tempo, diciamo che è lessico familiare tradotto in inglese per ovvie ragioni di attuale residenza della mia congiunta)
CUGINA: “Guarda che è inutile che cerchi di imboscarti. Se tua mamma fa il testimone, a te e tua sorella (che sarei io, N.d.R.) tocca leggere in chiesa.
S: “Leggere?”
C: “Leggere. Hai presente le letture, quelle che si fanno su un podio, al microfono, prima della predica?”
S: “Non potrei fare un’altra cosa? Che so, portare un cero? Reggerti i guanti? Una cosa muta, insomma”

che la dice abbastanza lunga sulle attitudini alla socialità e sul protagonismo di mia sorella.

Settembre arriverà [Il matrimonio del secolo / 2]

E non solo: ad onta delle nostre già scarse finanze, mia cugina ha chiesto a mia mamma di fare da testimone.  Il budget si gonfia a dismisura, dovendo già comprendere il viaggio da e per l’isola, ed i già citati abiti da sera tempestati di pietre preziose.

Così si usa laggiù, ha detto mia cugina. Così come? Tre (e dico tre) testimoni di cui uno della generazione passata? Di cui uno parente in via collaterale (gli altri due sono i fratelli della sposa)? di cui uno professoressa in pensione? signora tracagnotta?

Il matrimonio del secolo / 1

Voci incontrollate parlano della necessità, per gli uomini, di indossare un frac con il farfallino e magari anche la tuba. Quindi le signore devono perlomeno azzardare abiti di sera incrostati di diamanti. Il mio papà, che a quasi settant’anni è ancora un uomo bellissimo, alto e dritto e snello, ci potrebbe anche stare, anzi ci farebbe un figurone. Ma zio Gianni? che ha il fisico di un fiasco, paglia compresa? e il padre dello sposo, che io non ho mai visto ma pare sia di forma sostanzialmente cubica?

Per sicurezza, sto cercando su Internet indirizzi di sartorie teatrali. Potrebbero noleggiarmi l’abito di Claudia Cardinale nel Gattopardo.

Una piccola settimana perfetta

Sabato – Un viaggio in macchina fino a Napoli, niente traffico, niente tensione, solo la dolce lustrale pioggia di primavera.

Domenica – Le porte del terminal arrivi di Capodichino che si aprono e la lasciano passare, non la vedo dal 3 gennaio. E’ un pò dimagrita, estranea, ma ridiventa mia sorella in 13 secondi, appena mi abbraccia e mi saluta chiamandomi col nomignolo che conosce solo lei. Un aperitivo a piazzetta Bellini, finalmente il sole, il caldo, un pò di vacanza.

Lunedì – la cuginetta a cui ho dato il biberon e suonato le ninnenanne con il flauto dolce, che ho tenuto stretta quando le è morta la mamma, con la quale ho diviso la stanza quando facevo l’università, vestita da sposa. La più radiosa splendente sposa che io abbia mai visto (se non ci credete, guardate qui. L’emozione di vederla entrare in chiesa, l’emozione di vedere il suo fidanzato prossimo alle lacrime, l’emozione di vederla sorridere serena.

Martedì – in giro per il Vomero a fare shopping, una pizza a Mergellina, ancora sole, caldo, blu, risate e chiacchiere. Poi si torna a casa.

Mercoledì – fare finta che tutto sia ancora come 15 anni fa, in 4 a tavola, in 4 a vedere la TV, lunghe appassionate discussioni, vita, politica, storie cittadine, storie familiari. Il telefono squilla e non chiedono di me. Allungo un piede nel letto e non sono sola. Quando faccio colazione devo stare attenta a lasciare un pò di caffè. Il cielo è sereno, anche oggi.

Giovedì – la via male illuminata dove abbiamo passato tutta la nostra adolescenza. Citofonare in una casa dove si è citofonato 3.500 volte. Aspettare chiacchierando sedute su un muretto tiepido di sole nel profumo di gelsomini, e la certezza di avere ancora 15 anni. Uscire a cena con le amiche di sempre, raccontarsi cosa si è fatto negli ultimi mesi, spettegolare un pò, bere forse un pizzico di troppo, dividersi il conto e ridere senza motivo tornando a casa.

Venerdì – un gelato, una passeggiata in macchina, uscire dal lavoro e viene a prenderti lei anzichè fare tutto da sola. La valigia è già pronta, ma non siamo tristi, sappiamo di essere ancora lì, saldamente ancorate al nostro passato, al nostro specialissimo modo di essere parenti e mancarci e ritrovarci anche a distanza di 6, 12, 15 mesi. Fa caldo, è Giugno.

Sabato – si torna verso la capitale borbonica, il sole ci segue benevolo, alto nel cielo blu. Chiacchieriamo così fitto che il viaggio di solito snervante ci passa in un lampo. Io vorrei che non finisse mai.

Domenica – Un taxi nell’alba grigio perla è la conclusione ormai consolidata della storia. Torno a letto e riesco a non piangere prima di riaddormentarmi. Quando mi sveglio, lei è già quasi a Londra e sta ormai volando sull’oceano, mentre io faccio l’amore.

Oggi, piove.