Vabbè, bando ai complessi sentimenti del fine settimana che alla fine sfumano tutti, sublimati nel terapeutico esercizio di scrittura, e in circa 40 km di pedalate, e andiamo avanti.
So che qualcuno lo pensa, ma non è per leccaculismo che continuo a seguire direttive di una dirigenza che non sta facendo niente per assicurarmi un futuro e uno stipendio dopo il 30 novembre. Ci sono ordini di motivazioni più complesse, e difficili da comprendere, talvolta perfino per me.
1. di mio, ho un’etica calvinista del lavoro che mi fa essere un soldatino coscienzioso, che fa del suo meglio sempre e comunque, soprattutto quando non può fare altro. In negativo, somiglio un pò all’orchestrina del Titanic che continuava a suonare mentre la nave affondava: una roba inutile, e vagamente irritante
2. “calati juncu, ca passa la china” dice un proverbio siciliano. Mi riesce abbastanza facile, caratteristica tutta femminile, soffrire & scoppiare, nel senso di calare la testa e pedalare, anche quando le cose non vanno benissimo, in attesa di tempi migliori: mi adatto alle circostanmze, pur lamentandomi senza posa (almeno questo, me lo si conceda)
3. questa è la più difficile da spiegare, e forse la
più inverosimile, ad un occhio esterno: sono dotata di una inguaribile empatia, che mi fa percepire gli stati d’animo altrui anche – anzi, in special modo – quando sono rigorosamente e fermamente nascosti dietro corazze di ogni genere, soprattutto di autoritarismo. E se gli stati d’animo che leggo sono di difficoltà – tristezza, preoccupazione, fatica, vergogna – mi riesce quasi impossibile non tendere una mano. Tutto ‘sto papiello per dire che l’istituzione che non sta facendo niente per me, e niente farà, al mio occhio empatico è risultata più volte essere una persona in forte difficoltà, con una palpabile sofferenza acquattata dietro agli occhi. Lo dico ancora meglio? Mi ha fatto pena.
