Sono lì, io adulta, in piedi. Nell’angolo della stanza che ricordo in ogni dettaglio – la libreria svedese, le poltrone colorate, la scrivania – c’è una bimba di tre anni con i codini biondi a cavaturacciolo come Buffy di Tre nipoti e un maggiordomo. Giocava con un tagliacarte, forse cercava di forzare qualcosa, forse l’ha fatto apposta, forse è stata solo maldestra, insomma si è ferita profondamente alla mano destra. Esce sangue, ma lei non piange, non urla, non corre di là cercando la mamma che sta cambiando i pannolini ad una sorellina nuova di zecca. Forse ha troppa paura per muoversi, forse è solo curiosa di capire che le sta succedendo, forse – insinua il guru – le è stato insegnato a non mostrare emozioni forti, a non disturbare se sa che la mamma è impegnata.
L’io adulta si sente sciogliere di tenerezza di fronte a quell’io bambina tremante e sanguinante. Spinta dal guru, avanza verso di lei, la prende in braccio, le dice di non avere paura, di non preoccuparsi, che non è niente. La fa ridere, le disinfetta e fascia il dito. La stringe forte, le dice che è tutto passato.
Crescerai, ma non farà male. Te lo prometto. Ci sarò io, ad abbracciarti.

Bella! Un abbraccio.
Ma per quale motivo devi scrivere così schifosamente bene ??????
Tuo fratello (che va di là a soffiarsi il naso…)
Da piccolo volevo una sorella più grande di me che mi difendesse da due nergumeni grandi gorssi e cattivi.
Non è mai arrivata, penso sia il problema di chi è figlio unico con fratello maggiore a carico.
Faber