Le vite degli altri

E' sera, sono quasi le 20:00. Io e Stelvio siamo ancora in ufficio. Da circa 20 minuti siamo stati raggiunti da un gruppo di ragazzi. Sono giovani, sono belli, sono volontari che danno il loro tempo, l'entusiasmo, la loro fresca fatica per mettere in piedi iniziative dedicate all'inclusione sociale, una cosa bellissima, e noi gli diamo una mano.

C'è anche Marcolino, che come al solito mi ha abbracciato forte, stretta, a lungo. Lui abbraccia così, per lo più per non perdere l'equilibrio, ma anche perchè proprio gli piace il contatto umano. E anche a me piace abbracciarlo, c'è un infinito amore per la vita, in quel corpo magro che stringe forte. Marco lo sa, che forse domani non potrà più abbracciare nessuno, e se lo gode adesso, il piacere di un corpo fuso con un altro.

Sono tutti ragazzi, entusiasti, parlano a voce alta, forse un filo più alta del normale, ma la porta è chiusa. ERA chiusa. Ad un tratto si spalanca e Concetta Mobili Kapò della Gestapo mode on fa il suo ingresso nella stanza. “Ma che succede qua?” ringhia.

Cala il gelo. Siamo imbarazzati, e non dovremmo, non stiamo facendo niente di male, abbiamo solo ricevuto degli amici, l'orario di lavoro è passato da un pezzo.
Ma Marcolino non è Marcolino per caso.
Capisce tutto, e si scambia un'occhiata di una frazione di secondo con Stelvio, che si schiarisce la voce e dice, pacato: “Aspettavo Marco e i suoi amici, stasera. Mi hanno chiamato dalla portineria, e ho pensato di farli salire. Marco ha la distrofia muscolare e non mi pareva il caso che aspettasse in piedi in mezzo alle correnti d'aria”.

Nel frattempo, Marco si è alzato. La difficoltà a mettersi in piedi e a tendere la mano a Concetta Mobili sarebbe già evidente, ma lui la accentua, apposta, con una consumata arte da guitto.

In pochi secondi la targhetta sulla fronte di Concetta Mobili passa da “inflessibile dirigente che ha sorpreso i suoi dipendenti a fare casino e sta per far partire un cazziatone” a “stronza nazista che avrebbe fatto rimanere un ragazzo disabile ad aspettare in piedi “. Balbetta, si scusa, ma no, ma no, stai comodo, si presenta, richiude la porta e se ne va, con la coda fra le gambe.

“La stampella funziona sempre” ride Marco.
In che posto di merda lavoriamo, penso io, e so che lo pensa pure Stelvio.
Ma ridiamo lo stesso, per stasera.   😀

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