Università, lavoro, semafori & vacanze

1 – In uno dei miei impeti autolesionistici da infilare nella categoria “Come se non avessimo già abbastanza da fare”, mi sono candidata per partecipare alla selezione a 175 posti da allievo nel Corso di Laurea in Scienza della Comunicazione presso l’Università della mia città. In altre parole, se passo la selezione, che si svolgerà l’11 Settembre (bella data sfigata) mi reiscrivo all’Università, dopo 14 anni dal glorioso termine dei miei primi studi universitari. Ma perchè? direte voi. E che ne so? Un impulso irrefrenabile, e la vaga sensazione che la materia mi piaccia infinitamente di più dei codici e delle pandette che sono stata costretta a studiare nella mia prima vita accademica.

2 – La SPLP si avvicina. Non bastasse il calendario a ricordarmelo, ci pensa l’Architetto, responsabile ufficiale del Progetto, che entra al mattino e senza dire manco buongiorno si fionda nella nostra stanza con gli occhi vagamente allucinati e chiede: “A che punto siamo?”, domanda cui di solito è impossibile rispondere in due parole, perchè le novità, le micromodifiche, gli accordi, le spedizioni on line cambiano e si accumulano ogni 20 minuti. Per tagliare corto, nessuna gli risponde, o risponde con un’altra domanda che non c’entra niente. L’Architetto sconfitto ma non domo si allontana. Tornerà dopo una mezz’oretta con qualche altra domanda insidiosa. Il gruppo di lavoro cresce in modo esponenziale a mano a mano che passano le ore, e quindi i contatti da tenere e le riunioni di lavoro si moltiplicano con progressione geometrica come in quel fenomeno matematico che Dio mi fulmini se mi ricordo come si chiama.

3 – la patente a punti è una santa cosa, lo dico senza ombra di ironia. Ma. C’è un ma. Nella città più anarchica del mondo, già capitale in epoca borbonica, esistono semafori rossi a cui ci si ferma, semafori rossi a cui si rallenta, solo per prudenza, e semafori rossi ai quali da tempo immemorabile si tira dritto, come se non esistessero. A difesa del popolo che amo, devo dire che questi ultimi semafori sono stati messi – mi hanno detto – negli anni ’60 da una ditta che faceva capo al Comandante Lauro, e quindi sono assolutamente irrazionalmente inutili. Problema. In questa beneamata tremenda città, nelle frazioni di secondo che intercorrono fra il rilevare de visu che il semaforo è rosso (o, peggio, giallo) ad uno di questi semafori e il premere il pedale del freno,  bisogna fare uno studio costi/benefici e decidere se è meglio tirare dritto, con il rischio di perdere 5 punti sulla patente (i vigili sono in agguatio dietro i cespugli o dietro i cassonetti dell’immondizia traboccanti), o fermarsi, con il rischio di venire in***ati da chi segue, e non si pone tanti sofismi.

4 – forse vado in vacanza in Scozia. Non chiedetemi cornamuse, che non ve ne compro.