Mi appresto a prendere due aerei nel giro di 48 ore, con due amabili persone di 70 anni circa ognuna, due tonnellate di valigie di cui due partono, una si ferma a Milano, una torna con me, esattamente la sera dopo un mega disastro aereo nella civile Europa non nella lontana Papuasia, l’annullamento dei biglietti RyanAir, tempo incerto, cavallette, fiumi mutati in sangue, Sodoma e Gomorra.
Già mi vedo con la flebo di Lexotan al braccio e i capelli dritti che cerco di convincere il poliziotto al controllo bagagli che una pinzetta per i peli non può essere usata assolutamente come arma di offesa.
Terremoto / 1
Svegliarsi in piena notte con il letto che balla, i mobili che scricchiolano e i muri che gemono, e il solito cupo rumore di fondo significa che è in atto una scossa di terremoto. Io ho fatto un salto dal letto che mi ha proiettato direttamente nel corridoio, e come ho fatto non lo so, novella Tiramolla sono riuscita contemporaneamente ad accendere la luce sul comodino.
E’ un fenomeno con il quale dalle mie parti abbiamo imparato a convivere. Non mi aspettavo però che la mattina dopo molti mi confessassero di non essersi neppure svegliati
Stelvio mi ha detto di non aver sentito nulla (pausa) però di essersi svegliato di colpo alle 6 del mattino. Ho cercato di convincerlo che l’essersi svegliato a quell’ora, essendo passate ormai 4 ore dalla scossa, non aveva alcuna attinenza col terremoto, ma non mi è sembrato convinto. Mi ha detto che lui è uno che prende le cose con calma.
Ieri nel mio solito tour quotidiano a piedi sono passata sotto ad un balcone, al quale avevano appena appeso il bucato ad asciugare. L’odore del detersivo mi ha colpito come una frustata, evidentemente la signora che stendeva i panni usa lo stesso detersivo che usavo io, in una situazione che mi sembra lontano anni luce, quando avevo ancora intatte tutte le mie illusioni. All’improvviso quel posto e quel detersivo e quella lavatrice mi sono mancati ferocemente, e il dolore mi ha piegato in due, lì, mentre continuavo a camminare. Signore, se fa male.
50 minuti
50 minuti, e all’improviso il mondo mi cade addosso. E io non posso scappare.
50 minuti, e non ho più NIENTE, letteralmente, di quello che avevo 50 minuti prima. Davanti solo un vuoto mostruoso, un baratro, nel quale ho buttato 5 anni della mia vita. Sono tentata di buttarmici anche io, in quel baratro.
Il corpo e l’anima
Provo a riassumere, anche se non mi verrà mai bello come quello andato perso.
Il mio corpo non mi ha mai dato grandi soddisfazioni. A parte alcuni dettagli, non è di quelli che fanno voltare la gente per strada. Ho cercato di non dare peso a questa verità, ma da adolescente ho sofferto abbastanza, e non sono state poche le notti nelle quali mi sono addormentata sognando di svegliarmi con 15 cm. in più (tutti nelle gambe, magari) e 10 Kg. in meno. Non mi sparate addosso: so che mi conosce adesso si precipiterà a dire che esagero, però il come ci si vede allo specchio è molto soggettivo, e io mi sono spesso vista brutta, anzi più che brutta goffa e sgraziata, un anatroccolo in mezzo ai cigni.
Per soffrire meno, mi sono concentrata sull’altra parte di me che per grazia di Dio e forse per compensazione mi dava invece grandi soddisfazioni: la testa. Letture forsennate, curiosità, quasi avidità intellettuale, una bella memoria. E quindi ecco la circense brava anzi bravissima a scuola, e studiando pochissimo, ecco la circense brillantemente laureata in una materia che non mi piaceva PER NIENTE a 24 anni con 110 (la mancanza di lode è stata solo una questione di pigrizia). Scopro che il contenuto della testa si può facilmente riversare nelle parole e nello sguardo, diventare conversazione ironica e brillante, e divertire ammaliare e affascinare come e più di un corpo, ed ecco la circense circondata da begli uomini sempre al di sopra delle sue possibilità circostanza che riscatta un pò le sofferenze adolescenziali. Non sempre riesco a tenermeli, questi uomini, hanno sotto ai trent’anni e ancora scappano dietro alle minigonne, ma spesso mi prendo il lusso di essere io, a mollare uomini belli ma stupidi o ignoranti o superficiali. Anzi, mi accorgo che per starmi dietro gli uomini devono correre, e che non mi accontento, voglio di più e talvolta lo cerco nella maturità.
Il lavoro che ho cominciato a fare mi piace, scopro che riesco a farlo bene, che mi piace applicarmi, studiare, migliorare, sperimentare. Mi galvanizza più della cocaina la stima professionale che sento crescere intorno a me. Cambio ambiente di lavoro, ma passo dal piccolissimo al piccolo, sempre privato, e quindi il passaggio è privo di traumi, anzi è esaltante. La perfezione non esiste, ma è bello cercarla, sbagliando ogni tanto, prendendosi cazziatoni, e però continuando a migliorare.
Poi arriva il passaggio dal piccolo privato al gigantesco pubblico.
E qui qualcosa cede. Non conosco nessuno, nessuno mi conosce, i colleghi sembrano sapere migliaia di cose che io non so, e invece dovrei sapere, perchè sono un’esperta, almeno è per questo che mi pagano. Non ho un posto fisico dove stare, almeno all’inizio, sembro dare fastidio, non conosco i tempi, faccio in fretta cose che invece possono aspettare ma nessuno me lo dice, e non faccio cose attese da tempo, perchè non capisco le priorità. Insomma per dirla tutta per molti giorni mi sento UNA PERFETTA IDIOTA. E’ normale, ma evidentemente inconsciamente non l’accetto, e questa delusione terribile si somma a tensioni dell’ultimo anno che ora sono finite e esplodono a scoppio ritardato.
E quindi crollo, psicologicamente. Non ho un bel corpo da esibire agli stupiti astanti, anzi negli ultimi tempi sinceramente l’ho trascurato più del solito, e adesso non ho nemmeno più da esibire la mia brillante intelligenza e preparazione. Privata – momentaneamente, lo so, quanta fretta, eh?? – della mia testa, vado in tilt e comincio ad accusare dolori da infartuata, difficoltà a respirare, giramenti di testa e via sulla giostra, soprattutto di sera, quando cade tutta la tensione di capire, inserirmi, fare qualcosa per bene.
Questa è la spiegazione che mi sono data, dopo che il medico di base mi ha rispedito a casa con un calcio nel sedere e qualche prescrizione cautelativa di digestivi, esami tiroidei ed ECG che giacciono nella mia borsa da circa dieci giorni e cominciano a ciancicarsi.
Perchè ora va meglio. Credo.
Comincio ad avere qualche barlume di intuizione, mi inserisco in qualche discussione tecnica, mi becco qualche velato complimento dal mio collega. Produco qualche documento che non viene apprezzato, però nemmeno cestinato. Pospongo qualche lavoro che poteva essere posposto.
E la sera qualche volta mi metto a letto e mi addormento senza contare i battiti del cuore, temendo che stia per fermarsi.