E invece si sono CAGATI SOTTO, si sono!
HAH!
Dalle 15 di oggi ho dove posare il culo!
Sono cose, ragazzi, veramente.
E’ bellissimo.

La risposta è dentro di te, però è SBAGLIATA
E invece si sono CAGATI SOTTO, si sono!
HAH!
Dalle 15 di oggi ho dove posare il culo!
Sono cose, ragazzi, veramente.
E’ bellissimo.
E difatti.
La settimana è passata, e di divano manco l’ombra.
Vabbè, dice, ma c’è stata la neve.
Ero sicura che l’avrebbe detto. Che avrebbe spacciato come scusa per un ormai biblico ritardo di consegna le 12 ore di difficoltà di transito, e solo sulle strade di montagna. Io la “sera della neve” sono tornata a casa a piedi con i camperos con le suole. E tu mi vorresti far credere che un bestione di 2 tonnellate non arriva a Potenza per un pò di neve?
Potevate far traportare il divano dalle renne che avete depilato per farne il tessuto che lo ricopre, gli ho detto.
Mi ha guardato un pò stranito e ho capito che non era il caso di insistere.
La prossima settimana, ha detto.
Mettiamola così, gli ho detto io, mettendo su la faccia di Al Pacino quando fa Corleone Junior.
Se entro sabato prossimo ‘sta merda di divano non è sotto le mie chiappe in casa mia, io
(gonfio le vene del collo)
(apro la bocca come per urlare)
nonlovogliopiù.
E basta.
Ehhh, che carattere?
E’ quando il gioco si fa duro, che i duri cominciano a giocare.
Ecchecazzo.
Ma perchè non mi parevaper niente impressionato, quando me ne sono andata?
Sarà per questo che tutti i commercianti della zona hanno un poster della mia faccia nel retrobottega con scritto: CLIENTE DELL’ANNO e sotto in piccolo SCEGLIE IN DIECI MINUTI, PAGA SUBITO E POTETE INTORTARVELA COME VI PARE?
SE
Se le renne di Babbo Natale non faranno causa a Chateau d’Ax per danni all’immagine di brave lavoratrici indefesse, essendo state tirate in ballo quale causa degli immani ritardi (si rifiutavano di farsi depilare per fornire pelo alla fabbrica di tessuti da divano);
Se all’imballatore non gli finisce la carta gommata proprio adesso, proprio al 325° divano della serie, quello mod. Silvia, 3 posti, tessuto blu notte, ordinato il 30 Agosto 2005 da una povera mentecatta che si illudeva di poterci posare le chiappe in un mese o poco più;
Se non ci sarà sciopero dei TIR alla frontiera, con inevitabili ripercussioni su tutta la rete autostradale italiana, fino all’incrocio con la SS Sicignano – Potenza;
Se i facchini avranno il buon senso di telefonarmi, prima di consegnare, perchè è vero che sono 3 mesi 3 che aspetto, ma non è detto che sia a casa ESATTAMENTE quando loro verranno;
Se l’infausto mobile imbottito passerà per lo stretto portone, le tortuose scale, la bassa porta d’ingresso (ma dove cazzo vivo, a casa di Bilbo Baggins?)
Se la congiunzione astrale del Toro con il Capricorno, il volo degli uccelli, la lettura delle viscere delle capre e dei fondi di caffè non produrranno infausti presagi, quali per esempio la consegna, sempre dopo 3 mesi di attesa, di un divano letto di pelle verde acqua ad angolo, ovvero una roba che mai mi sarei sognata di ordinare;
Se il tempo sarà buono, non pioverà, non nevicherà, la temperatura non scenderà sotto i 3 gradi e non salirà oltre i 10;
FORSE
IN SETTIMANA (termine quanto mai vago, ma bisogna accontentarsi) MI CONSEGNANO IL DIVANOOOOOOOOO!!!!!!
L’implacabile scadenzario orario del PLP, ovvero: come si può passare dalla stanchezza alla rabbia alla disperazione al surreale nel giro di nemmeno 24 ore.
19 Agosto, ore 8:00 – Paoletta ha dormito da me, non ce la faceva ieri sera a fare due ore di viaggio e a rifarne due stamattina per essere qui così presto. E’ arrivato il momento di spiegare: Paoletta non lavora nella nostra azienda, ma in un’altra, con la quale abbiamo un accordo per così dire “politico”. L’accordo prevede che noi lavoriamo, e il progetto passerà sotto il nome dell’altra azienda. In cambio, in un’altra area territoriale il progetto potrà essere tutto nostro. La Capa di Paoletta è un altro personaggio da blog, che racconterò un’altra volta. Per ora, basti sapere che è dura, rompipalle, e pignola. Mi offro di ospitare Paoletta anche la notte successiva, l’ultima prima della scadenza. Lei nicchia, si guarda i piedi, poi biascica che lei “vorrebbe partire verso ora di pranzo”. Un lancinante sospetto comincia a farsi strada, ma non indago oltre. Abbiamo troppo da fare.
19 Agosto, ore 11:00 – Comincia lo strazio degli allegati. Gli allegati sono documenti formali, ad esempio – fra gli altri – curricula dei componenti la compagine sociale, che a loro volta sono enti pubblici, o associazioni, o consorzi. Bisogna allegarli, appunto, ma una sintesi del loro contenuto va inserita nel testo. Compito della raccolta degli allegati è dell’altra società. Scopriamo ben presto che finora è stato fatto veramente poco, Paoletta e altre sue colleghe si rimpallano le responsabilità fra loro e con la Capa, non in sua presenza per carità. Dopo stillicidi di telefonate, i curricula cominciano lentamente ad arrivare. Pochissimi via e-mail, la maggior parte via fax. Bisogna TRASCRIVERLI, uno per uno. Abbiamo uno scanner ma funziona male e i refusi che riporta nel testo informatico sono talmente tanti che si fa prima a riscrivere tutto. Lo faccio io, borbottando fra me che la prossima volta ce li possono mandare con i segnali di fumo, visto che nel 2003 ancora la posta elettronica è un tabù. Fra una cosa e l’altra, abbiamo perso tre ore. Paoletta va nel suo ufficio per ripescare altre carte, ma ci saluta come chi è sicura di partire.
Scoppia la rivolta degli schiavi. Andiamo nella stanza del Capo e gli urliamo tutta la nostra rabbia: ma come, il lavoro viene consegnato sotto il LORO nome, e loro SE NE VANNO IN VACANZA??? 24 ore prima della scadenza, non c’è NESSUNO di quella società che controlli? e chi sarà responsabile, se qualcosa va storto? e chi si metterà in moto, se manca un documento? e se ce ne andassimo anche noi oggi, in vacanza, chi consegna? Il Capo è talmente stanco, e ci vede talmente incazzati, che ci dà ragione: prende il telefono, chiama la Capa, la cazzia fieramente per questa debacle dei suoi. Risultato, alle 13:30 Paoletta torna con i documenti, gli occhi gonfi, e furiosa con noi, anche se non può darlo a vedere. Cincischierà ancora inutilmente per un paio d’ore, poi, spalleggiata dalla Capa, se ne andrà comunque. Comincio ad odiare la Capa, che prima di andarsene anche lei in vacanza mi dirà: “A chi mi posso affidare per essere certa che non manchi niente? A chi? A Marta Sofia? Sì, vero? TI ASSUMI TU LA RESPONSABILITA’??” Starei per mettermi a piangere anche io, per la rabbia, ma sono di un’altra tempra, e mi limito ad annuire e a rispondere “Anche perché non c’è nessun altro, dei tuoi” e a sbattere un po’ di cartoleria verso la porta dopo che lei è uscita.
19 Agosto, ore 14:00 – ci interrompiamo per mangiare un boccone, il solito panino con la solita mortadella e la solita mozzarella Posticchia Sabelli, col solito chinotto, passione del Capo, che è andato a fare la spesa. Il bar di fronte ha chiuso prima di Ferragosto e non riaprirà prima del 25, credo. Sono così depressa e l’aria condizionata è talmente a palla che mi si blocca la digestione. Scrivo con la destra e con la sinistra mi massaggio la pancia. Partono le stampe e le copie. Due pagine per ogni copia devono essere stampate a colori. La rete va in tilt, ovviamente, e non si riesce a stampare niente da nessuna parte. Bisogna spegnere tutto e far ripartire. Fatta la prima copia, si fotocopia col fascicolatore. La fotocopiatrice, miracolosamente, non si inceppa neppure una volta. Però surriscalda drammaticamente il corridoio. Passare da lì alla stanza dove stiamo lavorando è come passare da Calcutta a Oslo, con compromissioni serie ai nostri apparati fonatori. Prima di sera, saremo tutti più o meno afoni e con le tonsille gonfie.
19 Agosto, ore 20:30 – una buona notizia: il Consiglio di Amministrazione di una delle società per cui stiamo lavorando ha approvato il progetto “salvo alcune piccolissime modifiche” chiosa l’Architetto, sempre ottimista. Questo vuol dire che il completamento del secondo progetto diventa una faccenda più lunga e più complicata. Telefona uno dei soci della prima società, quella per la quale il PSL è già stampato e fotocopiato, timbrato e firmato, e chiede “se si può fare qualche integrazione”. Approfittando del fatto che lo conosco da anni, lo mando a fare in culo bruscamente.
19 Agosto, ore 23:15 – io e l’Architetto abbiamo finito di inserire le “piccolissime modifiche” e ogni altra integrazione necessaria. Io e la buddista ce ne andiamo, sfinite, l’Architetto, in fase insonne evidentemente, dice che si fermerà ancora un’oretta per inserire nel testo le tabelle con i dati finanziari. A casa mangio una testa di scamorza affogata in tre litri d’acqua, e mi fiondo sul letto quasi senza svestirmi.
20 Agosto, ore 00:15 – squilla il cellulare. Faccio un salto, santiando, e rispondo. E’ l’Architetto. Dal PSL mancano in maniera del tutto misteriosa circa 15 pagine, che avevo inserito io più di un mese fa. Gli dico dove andarle a recuperare, mi riaddormento col telefono in mano.
20 Agosto, ore 7:00 – siamo già in ufficio. Con calma e un po’ di freschezza e lucidità ritrovate – una doccia fa miracoli – facciamo il primo pacco, carta, scotch, ceralacca, timbri, firme. Il secondo progetto viene limato, editato, rivisto, e stampato. Si ripete la trafila del giorno prima per fotocopie e stampe a colori. Anche le macchine sono stanche.
20 Agosto, ore 10:30 – facciamo la check list del secondo progetto e ci rendiamo conto che manca un documento formale, un attestato che è ancora in possesso del Notaio che l’ha redatto. Il Notaio viene rintracciato a telefono, cazziato, uno di noi parte a razzo per andare a prenderlo. Recupera il documento, sta tornando da noi, quando viene raggiunto al cellulare dalla segretaria del Notaio. Gli hanno dato il documento sbagliato, deve tornare indietro e fare il cambio. Si è persa un’ora preziosissima.
20 Agosto, ore 11:45 – non c’è tempo di chiudere anche il secondo pacco, ma il bando prescrive che sia perfettamente sigillato, pena l’inammissibilità. L’Architetto ha un’idea geniale. Mi urla di prendere tutto il necessario per la chiusura del pacco e seguirlo. Chiama al cellulare quello che ha il documento recuperato dal Notaio, del quale occorre una fotocopia, e lo dirotta davanti alla Regione.
20 Agosto, ore 11:55 – Saliamo tutti e tre all’ufficio protocollo. Regna una calma surreale. Entro solo io, con un bottone della camicetta aperto in più e il pacco smembrato sotto il braccio. Piazzo sotto il muso dell’impiegato la lettera di accompagnamento per farla protocollare, e piegandomi un po’ sulla scrivania e sbattendo gli occhioni gli sussurro dolcemente che “ho solo un piccolissimo problema, vede qui il pacco? era stato fatto male, sa, la fretta” sorrido come il pitone quando sta per inghiottire il topolino “e si è rotto, tocca rifarlo, quindi se non le dispiace lo sigillo qui, è questione di un minuto …” Il protocollista basito fa sì con la testa. Intanto l’Architetto si è fiondato in un’altra stanza a fare le fotocopie del documento notarile (18 pagine). Alla 17°, finisce la carta.
Per evitare che si renda conto che non si tratta solo di sigillare, ma di aggiungere un documento, io sto intrattenendo il protocollista con il mio miglior repertorio di smielamenti, approfittando della provvida presenza di un minuscolo acquario piazzato sulla sua scrivania. “Ahhhah ma che carino, è suo?” (e di chi potrebbe essere, visto che è piazzato a dieci centimetri dalla targhetta che porta il suo nome?) “E sopravvivono? voglio dire, l’aria dell’ufficio non li avvelena?? ahahaha!! (rido da sola alle mie battute) “Ahahah, ma vedo anche delle piante! lei è proprio un amante della naturaaa!!” Il protocollista, che si era distratto un attimo alle mie stronzate, si riprende e chiede: “Bè, ma allora ‘sto pacco, lo chiudete o no?” Sto meditando di cominciare a fare la danza del ventre, quando entra il provvido Architetto, con doppia copia di documento in mano. Da allora, tutto sembra svolgersi a ritmo di Charlie Chaplin in Tempi Moderni: integrazione, carta, scotch, timbri, sigilli, ceralacca squagliata con l’accendino del protocollista, che per fortuna è un accanito tabagista, e ustioni di 3° grado del pollice dell’Architetto, che virilmente resiste al dolore, anche se diventa paonazzo.
Questa è la trascrizione fonetica più o meno fedele dell’urlo liberatorio lanciato dalla sottoscritta davanti ai cancelli della Regione, dopo aver consegnato gli ormai celeberrimi PSL. L’urlo suddetto ha creato scompiglio nelle guardie giurate che bivaccavano con facce da tonni del Mar Mediterraneo tra la guardiola e l’atrio. Mi ci è voluto un pò per convincerli che non mi sentivo male e non era colpa del caldo (o forse anche) ma solo della stanchezza.
In ufficio, brindisi a rosato del Vulture ghiacciato tra me e i compagni di sventura, più uno stralunato capo vittima dell’aria condizionata e quindi afono.
Raga, ce l’abbiamo fatta. Due dei più bei lavori che io abbia mai fatto in vita mia sono stati impacchettati e diverranno traccia esecutiva di lavoro per due società consortili per i prossimi tre anni. Per i prossimi tre anni almeno venti persone lavoreranno sulla base di cose che io (insieme al mio gruppo) ho scritto. Sono soddisfatta, ci credete?
Adesso vado a casa, mi devo fare una doccia di tre ore e una dormita di dodici.
Stay tuned, non sono ancora partita 🙂
Fra 48 fetentissime ore ‘sto strazio finisce, grazie a Dio. Siamo qui, raggruppati sotto il bocchettone dell’aria condizionata, che peraltro ci ha rovinato la salute un pò a tutti, ad aspettare le inevitabili modifiche e/o tragedie dell’ultima ora. Nel frattempo disegniamo fiorellini sui fogli di carta da riciclare, e facciamo cose inutili ma perditempo come la correzione ortografica dei refusi, o qualche abbellimento grafico delle copertine.
Abbiamo saputo che il progetto che il Capo non ha voluto svendere è stato comunque consegnato (non il nostro, o almeno così spero, ma finchè non lo vedo ..) e quindi si è verificata una delle due ipotesi che avevo segnalato qualche blog fa, perlomeno salvando la nostra faccia.
Comincio a sentire la stanchezza che si accumula. Ho dormito malissimo stanotte, per via del caldo o forse della pizza con le melanzane, ma anche perchè ho sognato ripetutamente che non riuscivo a scrivere un testo nelle apposite caselle, il testo era enorme e le caselle troppo piccole, tipico incubo di chi sta finendo un lavoro e teme di non fare in tempo, e mi svegliavo di soprassalto, grondante sudore.
Oggi, solo frutta, giuro.
Stay tuned, a dopo
P.S. Io non vorrei infierire, ma una mezz’ora fa è stato pubblicato un intervento su un blog dell’ennesimo poeta incompreso, del quale sarei tentata di riportare il testo, per farne un’analisi strutturale … vabbuò, ho capito, non sono cazzi miei, ognuno pubblica che gli pare.
Oggi giorno di lavoro sì, ma in surplace, giorno di rifiniture, dettagli, ribaltamento su altri fronti territoriali di quanto fatto ieri. Alla fine della giornata ci siamo ricordati della schedina del SuperEnalotto. Io e l’Architetto eravamo seriamente intenzionati a giocare, e abbiamo per cortesia chiesto al Capo e al figlio del Capo se volevano affidarci le loro giocate. Il Capo ci ha – ovviamente – rotto i coglioni per circa 20 minuti con la descrizione di una teoria infallibile con la quale vincere, per poi scriverci su un pezzettino di carta 24 numeri ciancicati e tirare fuori dalle tasche 2 euro collosi e sudaticci. Il figlio, più signore, ci ha dato 1 euro e si è fidato della nostra giocata.
Quando siamo arrivati alla ricevitoria, erano le 19:33 e le giocate erano chiuse. Restava una sola schedina, precompilata, 5 colonne per 2 euro e 50. L’abbiamo presa, e abbiamo religosamente diviso in 4 il costo, contando pure i decimi di centesimo.
Se la scaramanzia ha un valore, se si crede ai ciechi maneggi del caso, questa combinazione di eventi fortuiti che ci ha portato a giocare questa manciata di cifre avrà un senso. O almeno, mi piace crederlo.
Buon Sabato a tutti.
La situazione Mega Progettone Scadenza 20 Agosto sta precipitando. A notte fonda i dettagli, adesso posso solo annotare che sono in ufficio (ore 14:30, un tempo ora della pennichella) dopo aver mangiato nell’ordine, seduta a questa stessa scrivania: 1. un pezzo di pizza fossile con paleopomodorini; 2. dodici Pringles; 3. un Bikini. Bevuto acqua minerale. Devo fare la pipì, ma non ho tempo di alzarmi.
Dal manicomio SPLP, a voi pianeta Terra 🙁
Ieri sera uno spettacolare acquazzone con lampi e tuoni e tutto l’armamentario scenico dell’autunno incombente (lo sapevo, lo sapevo io che il tempo si guastava in proporzione all’avvicinarsi delle mie vacanze) ha fatto abbassare il termometro di quasi dieci gradi. Quindi si lavora col fresco, tanto che io e la buddista abbiamo concordato una chiusura della finestra che ormai era spalancata da circa due mesi (con risultati vani, peraltro, durante il solleone: passare dalla stanza dei tecnici munita di aria condizionata, alla nostra, era come passare dalla Norvegia ad un suk arabo, con la sensazione che qualcuno ti inseguisse per la stanza tenendoti un phon puntato alla tempia).
Il tentativo di stare dietro alle esigenze progettuali dei molteplici gruppi e gruppetti di lavoro che si sono formati per decantazione nel MegaProgettoneMultiplo sta dando risultati grotteschi, talvolta drammatici, spesso surreali. Le riunioni, formalmente convocate o informali o nei corridoi o nei cessi o per strada, telefoniche o e-mailiche o de visu stanno raggiungendo la preoccupante media di 5 al giorno. C’è una mia collega, che non lavora nella nostra società, che fa ogni giorno come una trottola impazzita 150 km. da casa sua al suo ufficio (in un’altra città), al nostro, ai luoghi di riunione, e ogni giorno è un pò più rincoglionita e bisogna svegliarla a ceffoni e caffè in endovena prima che inizi a carburare un suo contributo. Io ho tenuto anche due riunioni in contemporanea, saltando da una stanza all’altra in due palazzi diversi (per la cronaca, nessuno si era accorto della mia assenza in nessuna delle due riunioni).
La mole di materiale che gira sulle caselle di posta sta raggiungendo proporzioni ministeriali, e siccome i furbi sono sempre in agguato, perchè alla fine si riesca ragionevolmente a dire chi ha lavorato a che cosa, l’Architetto manda tutto solo in formato .pdf senza possibilità di copiatura, più qualche virus ai collaboratori/concorrenti più rompicoglioni 🙂
Si incrociano documenti, lamentele, critiche, cazziatoni, panini caffè gelati, qualche rara preziosa collaborazione reale, occasionali coincidenze di pensiero creativo e strategie di “implementazione delle Azioni” (bello, eh? l’ho usato a profusione nei documenti che ho curato io).
Però lasciate che ve lo dica: questo lavoro creativo, che ti obbliga a spremerti le meningi e capire e sintetizzare e centrare il problema in dieci righi, insieme ad altri cervelli giovani (bè, insomma, media 40 anni) mi piace da impazzire. Oggi che non fa caldo, mi sento viva.
La SPLP si avvicina ….