Un dentro e un fuori

Mi ci volevano un blog, e un profilo FB, per mettere a fuoco l'esistenza di un dentro e di un fuori, e soprattutto di tutti gli strati intermedi.

C'è un fuori, che brama di presentarsi al mondo: i pensieri raccontabili ad alta voce, i gusti, gli amori leciti, le cose che faccio e che sono comunque sotto gli occhi di tutti, le sofferenze, i dispiaceri, le assenze e le mancanze.

C'è uno dentro molto intimo, molto profondo, un nocciolo duro, per lo più sconosciuto perfino a me stessa, che non si presenta mai alla coscienza, non quando ho le mani sulla tastiera, almeno. I pensieri che non so nemmeno di aver pensato, ancora. Che non vogliono presentarsi al mondo, stanno bene dove sono. E nemmeno questi pongono problemi.

Ma c'è anche uno strato intermedio, che bramerebbe, per puro narcisismo, di presentarsi al mondo. Proprio perchè non è immediatamente visibile, vuole farsi vedere: i pensieri non sempre raccontabili, i gusti perversi, gli amori illeciti, le cose che vorrei fare ma che non ho il coraggio di raccontare ad alta voce, le sofferenze e i dispiaceri che coinvolgono persone che potrebbero leggere. Ecco, questo strato intermedio, che si pone all'attenzione della mia tastiera molto spesso (perchè è innegabile che è più intrigante raccontare quello di me che quasi nessuno sa, o si immagina) si ferma spesso all'orlo del dicibile perchè pone la domanda: “che succede se lo legge Tizio? o Caio?”
Non sono state poche le volte che ho finito col crearmi problemi con persone a cui voglio bene, per quello che avevo scritto: nella migliore delle ipotesi, passo per ipocrita, visto che sono pensieri che mai mi sarei sognata di esternare a voce. E non sono state poche le volte che ho rinunciato a scrivere, o ho scritto e cancellato, o ho scritto in forma così criptica che forse non lo capirò manco più io, se vado a rileggerlo fra sei mesi. Perchè si pongono a questo punto due problemi:

  • lo spazio – tempo: quello che ho scritto 6 anni fa potrebbe non essere più vero oggi, non per me. Però è scritto, e può dispiacere, o addirittura darmi grattacapi. Chi non legge oggi, potrebbe diventare lettore domani: che faccio, cancello i post che lo riguardano? e se non faccio in tempo?
  • il senso di un blog: che interesse ha, che senso ha, scrivere solo quello che è già in superficie, e che tutti possono vedere senza problemi?
    Ho aperto il mio primo blog per uno scopo essenzialmente terapeutico: era il tempo del male oscuro, delle crisi di panico, e avevo bisogno di scavarmi in fondo per non impazzire, per capire che stava succedendo. E questo non si può fare, se si resta in superficie. Scrivere mi ha salvato, ma ho avuto bisogno di andare fino in fondo al pozzo, o quasi.
    E poi ho continuato così, anche perchè ho scoperto che mi piaceva, e tanto. Avrò forse pochi lettori, non mi interessa, scrivo per me. L'alternativa – per non offendere nessuno – sarebbe avere un blog “tecnico”, giornalistico, dove si parla di cucina, libri, computer, motori, pesca a strascico, tutto, ma non i fatti / pensieri / umori propri.
    So già che non mi piacerebbe, non ci scriverei più dopo un mese. Lo so che così incoraggio il voyeurismo, ma è più forte l'amore per l'introspezione, e sono TROPPO narcisa: mi fa bene parlare di me, e lo amo.

Nel bene e nel male.

Ho enormi difficoltà ad inserire i video, che mi scompaiono se aggiorno il testo (anche solo correzione di una virgola): un bug di WP che spero si risolva presto.  Se ci riesco, la colonna sonora di oggi è gentilmente offerta dalle Indigo Girls. Everything in its own time.

 

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Dello scarico dell’ispirazione

Forse ha ragione Paolo: Facebook ammazza il blog.
E’ come se gli spunti, bruciati nei due righi degli “stati” di FB, si scaricassero, perdessero mordente e calore, invece di fermentare, germogliare, lievitare, depositarsi e respirare, come il Brunello di Montalcino nel decanter.

Avere un fan club ha questo di complicato: i fan contano i post, li aspettano,

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notano se scrivi con minore frequenza di prima, e si lamentano 🙂

Una colonna sonora allegra è quello che ci vuole.

Signore e signori, ecco a voi la soprendente Bandabardò.

Yes, I got it!!

Con una pazienza veramente sovrumana e del tutto inusuale per la sottoscritta, dopo appena 6 mesi ho finito di mettere i titoli ai post che non li avevano e ho finito di ricopiare i post del mio primo blog.

Ergo, ora tutta la mia vita bloggarola è alla vostra mercè, maiali, nero su bianco, gioie e tristezze assortite, fin dal primo post. Osservazione UNO: ero insopportabilmente seria, all’inizio. Osservazione DUE: quanto cazzo scrivevo, porco Giuda, ci sono giorni che ho scritto 3 post nella stessa giornata, e che esaGGerazione ….

Social?

E improvvisamente scopro che gli unici blog veramente degni di nota sono quelli che hanno in testa o in coda al titolo la parola social. Se non c’è social, e non vi occupate di social, nessuno verrà a leggervi, esibizionisti/e del cazzo. Uno veramente figo si vantava in pubblico di avere un blog da ben 4 mesi. Io ce l’ho da 4 anni, però il mio non è social, e quindi non conta una minchia.

E’ così che si inizia bene la giornata.

Quel blog lì

Stasera girovagavo fra blog e forum. Cercavo qualcosa, anzi qualcuno.

E porca miseria, l’ho trovato.

Il qualcuno.

Solo che non mi sento sollevata. Ho letto quello che scrive e mi è venuto il magone. Non ci sarà mai la benchè minima possibilità di addivenire ad una tregua? Non mi sarà proprio mai data la possibilità di farmi toccare, al di là del vetro (e sorvoliamo su quello che ci può essere scritto, sul vetro)?

La tentazione di lasciare un messaggio è stata forte. Ma non ne ho avuto il coraggio.

Vigliacca.

Blog disease

Offro un invito a cena (chi mi conosce sa che c’è tutto da guadagnare) al primo lettore/trice affezionato/a di questo blog, ma mi accontento anche di passanti casuali, che mi spieghi con dovizia di dettagli e un linguaggio il meno possible tecnico come si fa ad allargare la grafica del blog in modo che prenda tutto lo schermo, ed eliminare quella odiosa striscia grigia a destra.

Sono sicura che è una cazzata, ma io non ci sono riuscita