La settimana scorsa ho partecipato al Women’s Fiction Festival.
Una esperienza molto interessante, ed abbastanza unica nel suo genere, che io sappia, tutta poggiata sulle spalle di un agguerito manipolo di organizzatrici, fra le quali spicca l’indomabile Mariateresa Cascino. Vincente, secondo me, l’idea di “costringere” lettrici, autrici, editrici, donne che a vario titolo girano nel mondo della letteratura femminile a condivividere spazi comuni per 4 giorni: alla fine, si diventa un pò sorelle, e a me è capitato di fare una passeggiata in centro con Annamaria Testa (!), di dividere un ombrello con la responsabile editoriale della Harlequin Mondadori, e una minna di S. Agata con Giuseppina Torregrossa, ormai affermata autrice palermitana. In verità, penso anche che a stare troppo fra sole donne si oscilli sempre fra la sorellanza e la sottile diffidenza/malignità/competitività che da sempre permea di sè l’universo femminile quando ha a che fare con sè stesso, però, nell’oscillazione, al WFF mi pare che l’ago sia stato più tempo sulla sorellanza che sul resto. Rovescio della medaglia: i pochissimi uomini presenti alla manifestazione non come spettatori si aggiravano smarriti, sempre un pò sulla difensiva.
Un pò di cose che mi sono rimaste, di questa 4 giornate materana:
1. scopro con grande stupore i numeri della letteratura rosa in senso stretto, Collezione Harmony, per intenderci: solo in Italia, pubblicati 10 titoli al mese, vendute 6 milioni di copie all’anno. Mi interrogo sulla mia capacità di scrivere un romanzo rosa, e penso che potrei cimentarmi: con questi numeri, immagino ci sia fame arrabbiata di manoscritti. Con altrettanto sincero stupore, scopro però che Harlequin Mondadori pubblica (tradotti) solo romanzi già pubblicati negli Stati Uniti, dove ha sede la casa madre. Uffa.
2. esistono le specializzazioni, nel romanzo rosa: quello ambientato in corsia, quello storico, quello umoristico, quello hard. Al seminario con la scrittrice americana specializzata in romanzi rosa erotici, una signora di colore in tutto e per tutto identica alla insegnante di danza di Fame (anzi, forse è proprio lei), vedo distintamente le traduttrici simultanee sudare, mentre si apprestano a tradurre descrizioni di appassionate copule con dettagli anatomici precisi. A me prende la ridarella, ma me la faccio passare subito, constatando che Lydia Grant non perde mai la sua espressione serissima, fissa e leggermente allucinata, anche mentre cita il blow job come extrema ratio per risolvere un momento di tensione fra i protagonisti di un suo libro.
3. adoro Giuseppina Torregrossa, come donna, proprio, e sarei disposta a fare solo le fotocopie per un anno, per Annamaria Testa, pur di lavorare con lei. Spero capitino qui, e lo leggano.
4. il clamoroso outing che ho fatto durante l’evento clou del WFF, la presentazione del libro di Daria Bignardi, che racconta della sua famiglia e del suo non facile rapporto con la madre, persa da poco. Ora tutta la popolazione di Matera (ma forse mi sono allargata alle contrade) sa che ho anche io una mamma come la sua. E cioè come? Ah beh, leggetevi il libro e lo saprete (per la percentuale sugli incassi, Daria cara, ti do a parte il mio numero di c/c).
5. me ne sono tornata con una paccata di nuovi libri, tutti rigorosamente autografati con sorriso dalle signore scrittrici. Fra questi, un giallo che mi sta prendendo alquanto. Maggiori dettagli in cronaca. E comunque non li ho presi TUTTI, quelli che venivano presentati: anzi, mi è capitato un paio di volte di partecipare ad una presentazione multipla (due o tre libri) e di comprarne e farmene autografare solo uno, sentendo distintamente nella schiena le coltellate di odio delle altre autrici.
6. fra le protagoniste del Festival, c’era una celebre blogger che cura un sito dedicato esclusivamente ai romanzi rosa confetto (Harmony&C.). Avrei dovuto immaginarlo inquadrando il suo originale concetto di eleganza, ma ho trovato il sito veramente illeggibile, incarna il peggio dell’immaginario collettivo sulla “lettrice di romanzi rosa”. Ciò non toglie che abbia due fantastiliardi di contatti, ovviamente, e che la autrice ne abbia astutamente quasi fatto un mestiere. Chapeau.
7. due piccole note stonate, in chiusura: (a) se chiami una serie di incontri “laboratori di scrittura creativa”, devi poi far scrivere chi vi partecipa. Se no chiamali seminari, momenti formativi, masterclass; restano estremanente interessanti, come difatti sono stati, e nessuno resta deluso. (b) ho pagato veramente troppo per l’alloggio. Mi puzza leggermente di approfittamento della situazione (il festival, scarsità di alternative, e così via). Peccato.

ciao, non ci siamo presentate a matera ma ci conosciamo senz’altro di vista.
vorrei dirti che mi dispiace vedere che anche qui, tra donne, anzichè sostenerci cadiamo nella perfidia tanto stereotipata.
mi riferisco al tuo commento sulla blogger rosa conosciuta a matera, che io ho trovato una persona solare, sincera, genuina. e per me questo conta.
pur non amando il rosa e preferendo il look jeans e camicia bianca, non vedo perchè esprimere un giudizio, perchè di questo si tratta, tanto acido e gratuito.
così facendo alimentiamo solamente i luoghi comuni che ci vogliono più ortiche che amiche.
nel mio blog, appena aperto, non vi sono ancora post, ma il messaggio è chiaro.
e mi piacerebbe che fosse questo lo spirito con cui ci rapportiamo.
ciao
http://amicheortiche.blogspot.com/
Mia cara, il mio blog è mio proprio perchè posso esprimere liberamente il mio pensiero, senza vincoli di sorta. E poi forse non hai letto con attenzione: certo, ho trovato June Ross stucchevole e artefatta, ma le ho anche riconosciuto la capacità di inventarsi un suo spazio sulla rete, cosa non da tutti. Quindi alla fine non è che sia tutta ‘sta stroncatura. Sono contenta che tu la pensi diversamente, ma non esprimerò un giudizio più morbido solo perchè sarebbe politicamente corretto e perchè “dobbiamo essere tutte sorelle”: questo sì, che sarebbe ipocrita.
o semplicemente espresso il mio rammarico, quando si pubblica un post lo si fa perchè gli altri lo leggano, e il leggerlo suscita pensieri, leciti anche se contrari.
Ed io sono passionale, i pensieri amo esprimerli.
E non ho certo detto che “dobbiamo essere tutte sorelle”; mi sono infatti stupita che tu mi abbia chiamato “Mia cara”.
ciao e buone cose, per davvero, senza ipocrisia.
Mi stavo leggendo i tuoi post recenti e sono incappato in questo. Massì vogliamoci bene, tutti fratelli, tutte sorelle 😀
Scherzi a parte ottimo post ed ottima risposta ad un commento che non condivido. La variopinta Juneross conta probabilmente un gran numero di ammiratrici, ma anche di ammiratroci. Ma a saper scrivere, senza avere un gran numero di lettori, sono in pochi. In fin dei conti meglio le lettere messe bene in sequenza, che i numeri addizionati.
mia cara, sono onorata dalle tue considerazioni e ti assicuro che non potrei mai permettere a nessuna donna di sprecare il suo talento facendo fotocopie per me . sono capiatata e ho letto, grazie e cari saluti