E così

E così in questo scorcio di primavera fredda come un inverno succedono un sacco di cose.  Il cubo di Rubik non si è ancora fermato, anzi direi che gira piuttosto vorticosamente, e quindi sospendo il giudizio sulle persone con le quali mi toccherà lavorare.  Ho salutato quelli con cui ho lavorato finora, tutti destinati a molto luminosi (e talvolta molto rognosi, anche) nuovi incarichi, e sto ancora elaborando il lutto.

[Piccola fiammiferaia mode on]
io ricomincio sempre daccapo, giro sempre intorno allo stesso punto come le pale della ruota di un mulino. Macino un sacco di farina, l’acqua sotto di me non è mai la stessa, ma io non capitalizzo mai quello che ho fatto, e ad ogni nuovo giro devo pure ringraziare il Padreterno che ricomincio dallo stesso punto da cui sono partita, e non da un punto più in basso. Grrrr.
[Piccola fiammiferaia mode off]

Tra le cose che succedono, c’è anche questa: che dopo 62 giorni circa dalla richiesta, finalmente mi vengono ad installare la linea telefonica, insieme ad un sontuoso e lussoso telefono Sirio del 1996.
E’ un giovedì.
Spedisco mail a destra e  a manca con il nuovo numero cui mi si può rintracciare quasi fossi un funzionario pubblico vero, con toni trionfalistici esagerati.
Il lunedì successivo vengo convocata dal nuovo DG che mi annuncia, con gli stessi toni che si usano per dire a una che ha il cancro, che la stanza dove sono collocata serve a lui, deve piazzarci qualcuno della sua segreteria.
E quindi ecco che in 48 misere ore lavorative ho perso stanza e telefono in un sol colpo. Mi tocca riscrivere a tutti con la coda fra le gambe, con lo stesso stato d’animo di chi aveva già mandato le partecipazioni di nozze il giorno prima di scoprire che il promesso sposo è scappato ai Caraibi con la sciampista del coiffeur sotto casa.  Ora condivido la stanza con un collega, e ho biecamente derivato la sua linea telefonica sulla mia scrivania, un duplex, praticamente, ma vabbè.

L’unica soddisfazione della giornata è stata che hanno stanato dalla sua collocazione anche Maga Magò, la terribile vicina di stanza, che all’annuncio del suo trasferimento due piani più sotto ha sparato raffiche di bestemmioni e vaffanculi assortiti che si sono sparsi per il palazzo, e hanno reso necessario l’arrivo dei negoziatori dell’FBI. Il fiume di improperi è continuato per tre giorni (tanto ci è voluto per fare il trasloco, un faldone ogni ora), e gli echi ogni tanto risalgono dai bassifondi, dove ora essa divide la stanza con una martire che faranno santa ben prima di Giovanni Paolo II.