Numeri

38 – i giorni che sono occorsi perchè l’economato passasse l’ordine all’ufficio acquisti e poi a quello “contratti e gare” e poi a quello “manovalanza spicciola ” e ancora a quello “mastri geppetti” ed alfine un falegname venisse a mettere una fetente di maniglia alla mia porta. Corrono voci di telefonate fatte da pezzi grossi per ungere la pratica, ma c’è forte il sospetto di millanterie.

2 – le copie che bisogna compilare a mano, ben in colonna, e rispettando gli spazi, per poter avere della cancelleria (al massimo entro 48 ore, se non si chiedono cose troppo difficili). Fra una copia e la successiva del modulo è possibile apporre della carta copiativa, un bene di consumo che credevo sparito dal mercato e avevo visto l’ultima volta nel 1972 nell’ufficio di mio nonno al Pio Monte della Misericordia. Le due copie devono poi essere datate e controfirmate dal dirigente dell’ufficio. In fondo, un rigo misteriosissimo in corpo 9 chiede l’apposizione di un secondo visto, quella del “politico responsabile”. Per fortuna, lo ignorano tutti.

39 – i giorni passati dalla richiesta di una linea e di un apparecchio telefonico. Senza esito alcuno, al momento. Evidentemente l’iter è diverso da quello del falegname. Un analogo numero di giorni sono passati senza che nessuno sia venuto a togliermi dalla stanza una vecchia scrivania smontata ed accatastata al muro. Se sapessi dove metterla, avrei fatto da sola. Altrimenti posso aspettare la primavera, fare finta di essere a Valle Giulia nel 1968 e buttarla giù dalla finestra.
Un collega tuttofare del Dipartimento ogni tanto entra nella mia stanza, guarda la scrivania e parla per alcuni minuti, facendo riferimento a lei, a me, e alla possibilità di spostarla. Putroppo il collega in questione parla solo un antico dialetto africano, per cui non comprendo cosa cerchi di dirmi. Quello che capisco bene però è che delle soluzione che lui mi prospetta nessuna prende in considerazione l’ipotesi che sia lui, a caricarsi la scrivania e portarsela. Per carità.