I lucani hanno imparato a protestare. Smessi i costumi da contadini, hanno indossato quelli da cittadini di una nazione, diciamo così, civile, e hanno imparato che la fermezza contadina applicata alle battaglie civili per non essere avvelenati da scorie nucleari (caso Scanzano) o da emissioni elettromagnetiche (caso Atella) funziona. E l’effetto Scanzano dilaga fino ai cancelli della Fiat Sata di S. Nicola di Melfi.
In questa protesta ci sono però due o tre cose che mi convincono meno, rispetto ad altre.
1) le condizioni di lavoro (che, lo ammetto, sono molto difficili) e il livello dei salari erano state concordati e controfirmati da tutti, compresi i sindacati che adesso cavalcano l’onda del dissenso; anzi, la sussistenza a Melfi (PZ) del cosiddetto green field, l’essere cioè i lavoratori in media molto giovani e non sindacalizzati, era una delle condizioni che avevano fatto propendere per la scelta di Melfi, invece di Tirana o di Pechino. E’ vero che i contratti sono fatti per essere rinegoziati, però la rinegoziazione dovrebbe essere fatta cercando la giusta via tra ottenere di più e restare tutti di culo per terra, perchè SATA può chiudere domani (anche per motivi contingenti di mercato, estranei a questa protesta) e le lavorazioni della Punto essere trasferite all’estero.
2) questa giusta via mi sembra poco compatibile con l’uso della forza, da ambedue le parti. E’ questo finale violento che differenzia, e di molto, questa protesta lucana con quelle che l’hanno preceduta. Forse perchè questa manfestazione è l’unica fra quelle che, come mi insegna il mio compagno, sta ottenendo l’effetto e perseguendo l’obiettivo che qualunque sciopero dovrebbe avere: danneggiare economicamente l’imprenditore.
Per principio solidarizzo con i manifestanti, però c’è qualcosa che mi puzza.

Non mi va. Non voglio inc@§§@rmi ancora. Non mi piace questa atmosfera che si sta creando in Italia. Non voglio ripetere che tutto dipende da chi ci governa. Voglio svegliarmi domattina ed avere una classe dirigente seria, non una collettanea di bimbi vizianti e straparlanti. Voglio scendere.