Stamattina mi sono svegliata con un umore che va dal bulldog col mal di denti allo squalo digiuno. E’ partita male già da ieri sera, quando mi sono ramazzata inutilmente nel letto fino alle due del mattino senza riuscire a prendere sonno (per inciso, approfittando dell’insonnia, mi sono vista un film italiano molto carino, credo mai passato sugli schermi cinematografici, intitolato “In barca a vela contromano” o qualcosa del genere con un accattivante Valerio Mastandrea). Risultato: stamattina mi sono svegliata di colpo con circa un’ora di ritardo sulla solita tabella di marcia e sono stata presa da quella che dalle mie parti si chiama ” ‘nziria ‘e suonno”, ovvero uno stato lamentoso-infantil-nervoso per il quale qualunque cosa anche minimamente storta fa andare su tutte le furie.
E infatti.
Mi fiondo sotto la doccia e lancio un urlo. L’acqua, che sovente nei freddissimi mesi invernali diventa gelida perchè la caldaia “va in blocco” (misterioso malessere che può dipendere anche dal troppo vento, ci disse un tecnico spiritoso, ma senza scherzare), l’acqua dicevo, era bollente come avessi dovuto farci il tè. Purtroppo la mia vetusta doccia, per un eccesso di modernità anni ’70, epoca della sua installazione, non ha i due rubinetti, ma un unico manopolone graduato altrimenti detto miscelatore. Abbasso disperata la leva del manopolone fino a 12 gradi: macchè, l’acqua mi pare più calda di prima. Chissà che cazzo è successo dentro al miscelatore dagli anni ’70 a oggi, penso fumante. Lancio un urlo agli altri abitanti della casa, nel sospetto che abbiano aperto l’acqua fredda a manetta sottraendola alla sottoscritta, ma è un sospetto infamante ancorchè infondato. Mi rassegno a farmi la doccia ustionante. Risultato: uscita dalla doccia, per reazione comincio a sudare come una fontana, reazione fisica che odio con tutte le mie forze. Non ho ancora a smesso, a distanza di due ore dalla bollitura.
Sto per uscire, lo sguardo mi cade su una busta intestata della mia banca. Ho richiesto una carta di credito da dieci giorni, hai visto mai che mi è arrivata a casa? Le speranze si infrangono di fronte ad un misero foglietto sul quale c’è scritto, più o meno testualmente: “Egregio cliente, bla bla bla, la informiamo che il tasso creditori ha subito una variazione (rigo di sotto, in evidenza) DA: 0,125% (lussuoso tasso di interessi attivo che mi ha permesso di vivere senza problemi finora, solo lucrando sui miei principeschi depositi) A: INFR.
A INFR.?? E che cazzo significa? La mia vita non cambierà, per la miseria, ma posso almeno sapere in un italiano comprensibile a quanto mi avete abbassato il fottuto tasso di interessi attivo? CHE VUOL DIRE INFR.???
Mi precipito in banca, che è sullo stesso pianerottolo dell’ufficio (l’ho scelta solo per quello, per il resto fa cagare) e chiedo lumi. Mi fanno attendere ad un bancone informazioni per circa dieci minuti, mentre l’impiegata addetta ha il naso chino sulle carte 5 metri più in là e fa finta di non vedermi. Fermo quello che poi si rivelerà essere l’usciere e chiedo a lui. Mi guarda come se gli avessi chiesto di misurarmi con un metro da sarto la distanza fra la Terra e la Luna e mi dice che – ma pensa un pò – devo chiedere alla “collega”. Dopo altri dieci minuti mi rompo le palle, entro a passi di carica nel retrosportello, rischiando di passare per una kamikaze norvegese – vabbè, mediorientale non posso sembrare – e piazzo l’ormai ciancicato fogliettino sotto il naso della “collega”, visibilmente colta di sorpresa. Guarda, legge, rilegge, passa al “collega” seduto di fronte, che legge, ripassa alla “collega”. Il foglio fa il giro degli impiegati, suscitando nell’ordine: 1. ilarità; 2. perplessità; 3. disappunto, ma nessuno straccio di spiegazione. Quando sta per ritornare a me, come nel gioco del telefono senza fili, guardo il “collega” e gli dico: “Niente, eh? Allora senta, facciamo così: ve lo lascio. Attaccatelo al muro, poi ripasso fra un paio di giorni e magari mi fate sapere. Grazie!”
E infilo dignitosamente il tornello di uscita.
In ufficio l’Archtetto è entrato nella fase efficientista e mi sta martellando la salute da circa un’ora con ipotesi di variazioni minime ad un testo redatto da me, che non cambieranno il senso generale del testo, ma faranno perdere circa tre ore di tempo.
Ho paura di sapere come andrà a finire, ‘sta giornatina ….
