Questuanti da ufficio

Voci di corridoio incontrollate ma affidabili parlano dell’ 8 Agosto come la data più probabile per la nuova scadenza del megaprogettone. A me a alla buddista sono crollate le teste sulle scrivanie, con un unico BONK sincronizzato e alquanto doloroso. Otto Agosto è domani, significa non potersi rilassare manco un giorno. Unica consolazione, andarsene il vacanza il nove e riparlarne a Settembre.

Mentre riflettiamo sul nostro amaro destino, bussano alla porta, che che viene regolarmente aperta senza possibilità di filtro. Se Jack lo Squartatore decidesse di fare una strage di atipici e regolari, potrebbe cominciare dal nostro ufficio: chi lo ferma? Ci è andata bene, per oggi: non è Jack lo Squartatore, ma solo “il napoletano”. Questa locuzione sta ad indicare uno dei protagonisti di un fenomeno molto meridionale: i questuanti da ufficio.

Trattasi di persone che vanno in giro vendendo mercanzie di varia origine e natura, per lo più inutile, e ben sapendo che nelle case private non gli aprirebbe nessuno, vanno per uffici, preferibilmente pubblici, studi professionali e sedi di associazioni, senza disdegnare banche e altri esercizi commerciali, il che costituisce il massimo della sfrontatezza.

Noi siamo perseguitati da due di questi truffatori: il “napoletano”, appunto, un giovane di circa 30 anni, con una moglie perennemente incinta e un numero di figli spropositato che aumenta di una unità ogni sei mesi (qualcosa non quadra), e vende ogni genere di carabattole “per la casa”, dagli strofinacci alle candele di citronella ai deodoranti ambientali ai sacchetti per congelatore e spazzatura (da non confondere fra loro). Il prezzo che chiede è ovviamente da rapina, ed è pagabile solo se si entra nell’ordine di idee che si sta facendo un’opera di bene allo stuolo di figli veri o presunti che siano.

Il secondo caso è più delicato: trattasi della “vecchietta”. Ottantaquattro anni dichiarati, capelli bianchi col tuppo e le forcine, abiti neri dimessi, morbo di Parkinson ad uno stadio finale che rende impossibile capire quello che dice e difficoltosi i movimenti: non è la descrizione di mia nonna, ma di una persona che dovrebbe stare tranquilla a fare le calzette a casa propria, ed invece le calzette la fa, ma poi pretende di venderle in giro per la città. Non c’è niente che la fermi: quando riesce ad entrare, non c’è verso che se ne vada se prima non ha venduto un utilissimo paio di babbucce di lana, o un irrinuciabile colletto ricamato. I cassetti della mia scrivania traboccano di centrini all’uncinetto, bordi ricamati per asciugamani, scarpine da neonato, frutto degli ultimi tre anni di rapine della rapace ottuagenaria, che quando capisce di avere rotto, si tramuta in vecchina sperduta nella neve e oltre alle decine di euro che lucra per i suoi capolavori riesce a scroccare pure caffè, acqua, l’uso del bagno, l’accompagnamento in ascensore perchè ha paura. Messa alle strette un giorno che avevo tempo da perdere, mi ha montato una balla fantastica, e cioè che lei non ha bisogno e nemmeno i suoi figli, ma i soldi che raggranella li porta alla parrocchia; dichiarazione grazie alla quale i miei pensieri socio assistenziali nei suoi confronti sono diventati subito omicidi.

Solo il capo è riuscito a metterla fuori combattimento, con l’infallibile tecnica della follia: quando la vecchietta è comparsa sulla sua porta, il capo, restando seduto alla scrivania, ha cominciato a ringhiare e poi ad abbaiare. La vecchietta è fuggita segnandosi.

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