Un tavolo da riunione, io, Stelvio, un Preside ganzissimo nel suo ruolo da School ManaGGer, dei professori di una scuola superiore di provincia. Sono le 16:00, abbiamo mezz’ora abbondante di ritardo. Esaminiano nel merito dei progetti.
Io, che ho avuto una mamma insegnante, so già cosa sta per succedere: a breve il fattore tempo diverrà un fattore incombente ed ineludibile, i professori sono l’unica categoria di interlocutori che ho avuto finora che non hanno il benchè minimo interesse, nè motivazione, a tirare tardi. E magari hanno ragione.
E infatti, già all’analisi del quarto progetto su sei tutti sono inspiegabilmente e concordemente d’accordo su qualunque cosa gli si illustri. Per puro prisho, sarei tentata di descrivergli un progetto dal titolo “Gulag Style” nel quale gli alunni vengono fatti marciare nella neve e poi privati di cibo acqua e sonno in celle dove possono stare solo in ginocchio, solo per sentirmi dire che è perfetto, andiamo avanti?
L’analisi del piani finanziari, che di solito rende la gente cavillosa e rompicoglioni, li vede sempre più concordi e privi di obiezioni, ormai sono sei teste che senza guardarsi viaggiano all’unisono sul ticchettio dell’orologio da parete, capaci solo di annuire. Al termine della disamina, raggiunta con un sospiro di sollievo più concorde che mai, il Preside si dichiara soddisfatto, ci alziamo tutti in piedi, lui ci stringe la mano e poi con sguardo da vero ManaGGer e voce dura dichiara: “I colleghi del gruppo di lavoro, per favore, fermatevi, dobbiamo discutere ancora di qualche cosetta”.
Cala il gelo intorno al tavolo.
Io e Stelvio ce ne andiamo ridendo come i pazzi e lasciandoci alle spalle un tavolo da riunione, uno School ManaGGer, e sei statue di cera prossime alle lacrime.