Sì sì brava Susanna

B. ha circa 30 anni.
best casino games onlineLavora da alcuni anni per lo stesso datore di lavoro. Prima era una cocopro, pagata una cifra miseranda ma tu sei giovane senza esperienze devi imparare e cazzi e mazzi vari. Poi è finito pure il cocopro, e si è passati ad una forma di esperienza virtuale di lavoro pagato su fondi comunitari, quindi senza versamenti contributivi nè possibilità di accedere a qualsivoglia forma di ammortizzatore sociale quando – presumibilmente a breve – anche questa gratificante esperienza lavorativa avrà termine.
B. è fidanzata e vorrebbe sposarsi. Sì, vabbè.

E' solo un esempio. Ma ne potrei fare a decine, di altri esempi similari.

Ma di che cazzo parla la Camusso quando si siede ai tavoli di contrattazione con il governo? ma si rende che esiste una intera generazione alla quale dell'art. 18 non gliene strafotte una emerita mazza, perchè la sua applicazione presuppone che si abbia un contratto che migliaia di trentenni – e quarantenni – non ha mai visto in vita sua? chi può usufruire dell'art. 18 è gente che se l'azienda è in difficoltà ha diritto alla cassa integrazione ordinaria, poi a quella in deroga, se l'azienda chiude ha diritto ad una indennità di mobilità

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ordinaria, poi in deroga, finora prorogati per due anni e chissà prorogabili fino a quando. Un'indennità che può arrivare fino a 800 euro mensili, che per lavorare sono pochi, ma per non fare niente sono tanti. Anzi, fare niente no, perchè nel frattempo si può lavorare in nero e andare avanti se non comodamente sicuramente dignitosamente (a spese dello Stato).

Di che parlano, i sindacati? quali interessi difendono? quelli di chi può rinnovare la tessera di iscrizione al sindacato per pagare lo stipendio, che presumo non misero, di Susanna Camusso? ma annatevene a pijarlo drentro al cu', come direbbe un mio amico.

P.S. il datore di lavoro di cui sopra è emanazione dell'associazionismo di sinistra, quella che un tempo si chiamava Partito Comunista e aveva fra i suoi compiti precipui la difesa dei lavoratori.
Figuriamoci il resto.

Consoliamoci con la musica. Colonna sonora di oggi gentilmente offerta da Our Lady Etta James.

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Il posto fisso l’hanno spostato

Adesso si scatenerà l'inferno, su questo blog.

Perchè sto per dire una cosa che tanti non vogliono sentire: io condivido quello che ha detto Monti sulla monotonia del lavoro fisso per tutta la vita. Non sono capace di spiegarlo bene, probabilmente, adesso affastello un po' di pensieri poi vediamo che ne viene fuori.

1. siamo in un periodo socialmente ed economicamente diverso – in peggio – da tutti quelli che ci hanno preceduto, se si esclude forse l'immediato dopoguerra. Pretendere in un momento così diverso di trovare lavoro allo stesso modo, e lo stesso lavoro, di venti anni fa, è

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velleitario, e fuori dal mondo. E recriminare (di chi è stata la colpa, e da chi è partita la speculazione, e le banche, e bla bla) fa solo disperdere energie. Quindi per cominciare condivido il concetto “bisogna abituarsi a cambiare più volte lavoro nel corso della vita”. In altre parole, rassegnatevi: il “posto fisso” non esiste più.

2. ok, mi direte voi. Ma questo si può fare quando di lavoro ce n'è tanto, ed è facile uscire da una porta ed entrare in un'altra. Vero. Ma se lavoro ce n'è poco, occorre prendere quel poco che c'è, e se se ne hanno le capacità, inventarsene di nuovi. Che come tutti i lavori nuovi sono provvisori e possono morire così come sono nati. Abituarsi a ricominciare sempre daccapo potrebbe essere una buona palestra, per resistere.

3. la casa, il matrimonio, i figli: senza un lavoro fisso non si può fare nulla di tutto questo. Non si può fare se aspetti di avere tutto perfetto per cominciare. La casa: perchè è obbligatorio comprarla? Quando vivevamo in un paese ricco, si poteva fare: adesso non si può, e non si compra. Si vive in fitto. Se ce la lasciano mamma e papà, bene: se no, abituiamoci a vivere nomadi, a non affezionarci ai posti, ad avere poche cose, il minimo indispensabile, e a lasciare per strada il superfluo. Decresciamo felicemente. Il matrimonio: è obbligatoria la mega cerimonia? so di gente che si è indebitata fino al collo, pur di avere i tovagliati di broccato. E' necessario? Sui figli non mi esprimo, non ne ho e quindi non so che dire.

4. io ne conosco alcuni, di quelli che vorrebbero a tutti i costi un posto fisso. Sarò sfortunata io, ma sono tutte persone che fanno poco e farebbero ancora meno, se avessero la certezza di uno stipendio sicuro a fine mese. Mentre tutti quelli che conosco che non ci pensano nemmeno, a volere un posto fisso, sono tutta gente scetata e che esce da dentro al fuoco, e non si farà mai fermare dalla difficoltà a trovare lavoro.

5. condivido in pieno il parere espresso da Luca Sofri su Twitter: “Monti ha fatto una battuta sul posto fisso, che è un tema culturale, e non c'entra col lavoro garantito, che è invece un tema sociale“. Sul primo è lecito dire che è morto, è monotono, e sarebbe bene dimenticarsi della sua esistenza. Sul secondo, parliamone.

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Domenica sera

E’ sempre così: quando la salita finisce, dietro la curva, comincia una nuova curva, nell’altra direzione, ma pur sempre in salita.  E come dice il terzo corollario di Murphy sulla Sfiga, “Dietro un problema grande ce n’è uno più piccolo che sta lottando per venire fuori”.

Vi aggiorno sulla questione rinnovo contratto. Non ci sarà, questa è la novità. La fulgida Amministrazione per la quale lavoriamo ha pensato intensamente a noi ed ha partorito dopo mesi – MESI – di elucubrazioni un disegno di legge per la stabilizzazione dei precari, che comunque non ci riguarda. E non ci interessa, vi dirò. In subordine, un contratto di consulenti per accedere al quale bisogna rifare un concorso. E se non proprio un terno, è un ambo al lotto, comunque, perchè le incognite sono tante.

Come sempre.

Entrare nelle stanze dei bottoni brandendo un’ascia e spaccare tutto sembra all’improvviso una possibilità, per ottenere qualcosa di più.

Update:

ora che ci penso, ieri non ho passato la giornata solo a commiserare il mio destino professionale. Ho fatto anche altro. Per esempio, ho cambiato una tavoletta del water a casa dei miei genitori: smontata la vecchia, montata la nuova, con annesso sdraiamento stile meccanico sotto la tazza. Ora, è vero che io adoro i lavori manuali, ma non vorrei che fra le due cose che mi hanno tenuta impegnata ci fosse una stretta correlazione.

Meritocrazia!

La ferma volontà politica di stabilizzare i precari si estrinseca in due atti, entrambi ufficiali: una delibera di Giunta e una risposta scritta, sempre del Presidente della Giunta, ad una interrogazione consiliare di 4 mesi fa che chiedeva, detta brutalmente, che fine fanno i 13 sfigati esperti di fondi comunitari che vi hanno per lo più salvato le chiappe negli ultimi 4 anni.

Il combinato disposto dei due documenti non lascia adito a troppi dubbi: i 13 sfigati? cazzi loro. Noi faremo un megaconcorsone tanto per salvare la faccia, già piuttosto compromessa, nel quale ci sarà posto per tutti, dal lavoratore socialmente utile con la quinta elementare (sia detto con il massimo del rispetto), passando per quelli pescati nel mazzo dopo attente procedure di comparazione dei curricula, e arrivando a voi, i 13 superesperti che hanno già fatto un concorso per poter essere sfigati proprio titolari, con il timbro “sfigato” scritto in fronte. Che lavoriate in questi sacri uffici da un giorno o da quattro e passa anni, che siate neolaureati o in possesso di dieci anni di esperienza, che abbiate fatto finora fotocopie o abbiate in più occasioni salvato il culo della Pubblica Amministrazione, e di chi la rappresenta, nei confronti dell’Unione Europea, non ce ne pò fregà de meno: siete tutti precari, e tanto ci basta per sputarvi un pò in faccia.

Scusate lo sfogo, ma andate pure a cagare, però.

Precario pride

La guerra fra poveri di cui parlava ad inizio anno si materializza in una mail che non era indirizzata a me, ma è finita per sbaglio nella mia posta per una serie di “inoltra” selvaggi. Da essa mail apprendo che esiste da fine gennaio un coordinamento dei precari dell’Ente Pubblico nel quale lavoro, del quale nè io nè i miei 15 compagni di sventura sappiamo niente.
Pare che noi siamo in realtà considerati già con un piede dentro, non si capisce bene in base a quale considerazione, e quindi non possiamo a buon diritto annoverarci fra i precari-precari.

Oddio, magari condivido, visto che noi abbiamo sostenuto uno straccio di selezione e invece il 90% del comitato di coordinamento precari di cui sopra è stato pescato nel mazzo perchè amico del cugino del parente del compagno.
Però proprio l’amicizia con il cugino del parente del compagni mi squieta, perchè se c’è da sgomitare state pur certi che della nostra bella selezione che ci ha ridotti da 500 a 16 non fregherà una beneamata ceppa a nessuno, mentre invece molto più importante sarà l’amico del cugino del parente del compagno.

PersConf style

– Buongiorno, sono il legislatore. Lei è ….
– Buongiorno, io sono una precaria della Pubblica Amministrazione.
– Ahhh, brava! Abbiamo ottime notizie per lei!
– Ah sì? E quali?
– Abbiamo presentato un emendamento alla Finanziaria per agevolarla, sa?
– Ah davvero? E che dice?
– Che i precari delle amministrazioni centrali e periferiche verranno stabilizzati.
– Ma dai! Anche io?
– Certo! Lei è nella Pubblica Amministrazione da almeno 4 anni?
– No. Tre e mezzo. Saranno 4 e mezzo quando mi scadrà il contratto, fra un anno.
– Ah. Contratto a tempo determinato?
– No. Collaborazione coordinata e continuativa.
– Ahhh ehhmm uhhmm … andiamo male, sa?
– Non ne dubitavo. Sa come si dice dalle mia parti? Gira e gira, il citrulo va sempre in culo all’ortolano. E io mi sento molto ortolana, al momento.
– Eh vabbè, ma d’altra parte lei che cerca? Lei non ha nemmeno sostenuto una una selezione!! Lei è amica di un amico dell’autista dell’Assessore, scommetto!
– La smetta di strizzarmi l’occhio. Io ho sostenuto la selezione che dice lei, eravamo 500 e dopo due prove siamo stati ammessi a firmare questo meraviglioso contratto in 16. Allora, che c’è per noi?
– Ehhh ahhmmm uhhmm  …  ecco, in effetti ….. per i casi come il suo avremmo previsto un punteggio aggiuntivo in caso di partecipazione – si tenga forte – ad un NUOVO CONCORSO!!!  Fantastico, vero?
– Mi faccia capire. Io HO GIA’ FATTO UN CONCORSO.  Ho lavorato per 3 anni e mezzo come un dipendente, per la precisione talvolta con mansioni di quadro, talvolta perfino di capoufficio, perchè io sono laureata, sa, e con un Master, e avevo già 10 anni di esperienza lavorativa alle spalle, perchè ho 41 anni. Ho ricevuto utenti. Ho scritto documenti amministrativi con i quali si erogavano soldi. Ho partecipato alla stesura di documenti di programmazione pubblica. Ho partecipato a riunioni nei Ministeri. Lei adesso mi dice che per essere stabilizzata, io devo fare un ALTRO CONCORSO, insieme ad altri 3.000 neolaureati, se e quando la Pubblica Amministrazione deciderà di indirlo, con la sola consolazione di avere 3 punti in più nella graduatoria finale? Mentre i disabili – con tutto il rispetto – ne avranno 10, gli orfani del lavoro 15, i figli di Assessori ne avranno quanti la Commissione deciderà di assegnarne per metterlo nel culo a quegli sfigati di precari?

Che dirle, signor legislatore? GRAZIE!!!

Notizie e notizie

Sarò molto poco originale quest’oggi, perchè intendo spezzare una lancia a favore dell'”inverno invernale” e dell'”estate estiva”, sapendo di essere in ottima e variegata compagnia (Michele Serra, ad es.). Ogni giorno da almeno due mesi tutti i telegiornali, senza esclusione alcuna, dedicano spazi più o meno ampi a quello che sembra essere un assaggio di Apocalisse, ovvero “l’ondata di maltempo che ha investito l’Italia”.

Esecro questa espressione al pari della sua gemella che imperverserà fra Luglio e Agosto, ovvero “l’ondata di caldo che ha investito l’Italia”. Ogni volta che la biondina di turno la pronuncia, dilatando la pupilla e afferrando i fogli che ha davanti quasi a volerne fare baluardo per il suo corpo di fronte all’ondata di gelo incommensurabile che già vede arrivare dietro la telecamera, mi verrebbe voglia di prenderla per il collo, deportarla al Polo Nord e lasciarla lì in camicetta di seta a lottare con gli orsi per una lisca di merluzzo. QUESTO è il freddo polare, testina di minchia. E tu sei una giornalista, lo dovresti sapere che cos’è una notizia. Il freddo d’inverno non PUO’ essere una notizia.

“E i -37 al Nord Italia?”  Sulle ALPI, cazzo, a 4.000 metri!!! Che ti aspetti, i mandorli in fiore?

“E la neve sulla Salerno-Reggio Calabria?” Ma lo sai quanto sono alti ed esposti al vento i viadotti nel tratto lucano? Lo sai che l’uscita di Campotenese è a 1.000 metri? Lo sai che siamo sotto il massiccio del Monte Pollino, 2.000 metri? Lo sai che è INVERNO, hai presente, quella stagione fredda, dove tu ti metti il maglione, il cappotto e i guanti? O nella tua beata ignoranza di mezzabusta del cazzo pensi che le montagne siano tutte la Nord, e il mare tutto al Sud, e che qua ce la grattiamo in continuazione con cozze, vongole, ‘o sole, ‘o mare, i mandarini e il putipù?

Vivo in una cittadina sull’Appennino Meridionale a circa 800 metri di altezza. Ogni anno nevica sempre meno, la bufera che ho descritto qualche giorno fa me la sono goduta in lungo ed in largo proprio perchè adoro la neve, e può capitare (è già capitato) che un intero inverno passi senza nemmeno un fiocco. Solo trenta anni fa, quando la lavoratrice era una bimba coi codini, poteva capitare che nevicasse per settimane intere, e alla fine i cumuli di neve ai lati delle strade erano molto più alti di me. La neve gelava, e quando le temperature, verso Marzo, si alzavano un pò, blocchi di neve cadevano dai tetti delle palazzine anni ’60. Successe davanti a me, la minivalanga cadde sul tetto di una macchina e la sfondò completamente. Vecchi zii di mio padre mi raccontavano di tormente di neve notturne degli anni ’30, e dell’ululato dei lupi che si spingevano fino ai bordi della cittadina abitata, perchè nei boschi non c’erano più prede da cacciare.

Ma la mia (la nostra) è un battaglia persa in partenza. Dare ferali notizie di ghiaccio sul’autostrada tra Roncobilaccio e Barberino (ma pensa un pò che mattacchioni, a chiamare quel tratto “valico appenninico”) serve a riempire il colossale vuoto mediatico di un paese nel quale quello che di importante si avrebbe da dire, le vere notizie, non si possono dare perchè genererebbero sfiducia nel consumatore/investore, e invece bisogna stordirlo con notiziole stolide, la neve d’inverno, il caldo d’estate, la Marini che torna da Cecchi Gori, i calciatori che si prendono a cazzotti, il Nuovo e Radioso Governo* che non dorme di notte per capire come ci deve inc++++ senza nemmeno il conforto della vaselina.

Mediolanum che fa un accordo con Poste Italiane per l’utilizzo degli sportelli postali per operazioni bancarie, e quindi dall’essere banca on line si ritrova di colpo ad avere migliaia di sportelli in tutta Italia, da Milano a Olevano sul Tusciano.

150.000 insegnanti che dal 1° Gennaio 2005 saranno considerato “soprannumerari” e saranno licenziati.

Queste sono notizie.

Ma portano sfiga, rischiano di stracciare il velo di allegra gaudenza che tutti i TG devono sbattere al vento come una bandiera. Meglio impiegare quei tre minuti a parlare di ghiaccio sulle Alpi, e di freddo d’inverno.

* copyright DLI

Le ferie precarie

Con il caldo agostano che ci sfianca già ormai da un mese, la parola “ferie” inizia a serpeggiare com sempre maggiore insistenza. Inizia il più debosciato del gruppo, che gira per le stanze chiedendo: tu quando vai in ferie? La domanda è incongrua per una serie di motivi, fra il quali il principale è che la nostra piccola azienda ha negli anni adottato metodi diversi per regolare le ferie estive, che vado rapidamente a riassumere:
1. METODO MONTESSORI: nel 2001 la figlia del capo è stata incaricata di redigere un piano ferie, e ha laboriosamente svolto tale compito sfinendoci per circa due settimane con richieste a ciascuno di noi di programmi, previsioni, giorni di inizio e fine delle ferie, laboriosissime elaborazioni computerizzate, verifica degli accavallamenti (inevitabili), richieste di spostamenti dei giorni di inizio o di fine ferie (puntualmente negati), il tutto con l’obiettivo di non chiudere l’ufficio neppure un giorno. Io quell’anno sono andata 28 giorni negli Stati Uniti da mia sorella, e quindi sono stata subito esclusa dall’elenco dei probi che potevano reggere le sorti dell’azienda il giorno di Ferragosto. Siccome non c’ero, non so come sia andata a finire, e non ho mai osato chiederlo.
2. METODO KAPPLER: nel 2002, visti gli esiti deludenti della pianificazione 2001, la regola è stata: l’ufficio chiude nelle due settimane centrali di Agosto, chi può si prenda le ferie in quelle due settimane e chi non può si arrangi. Io, che non potevo, perchè il mio compagno era disponibile solo l’ultima settimana di Agosto, mi sono offerta di andare lo stesso in ufficio anche a Ferragosto (anche per recuperare il 2001), ma mi è stato negato, forse pensando che avrei approfittato della solitudine per organizzare dei pigiama party fra le fotocopiatrici o per trafugare i pacchetti di punti per le spillatrici. Ah, è così? E allora, approfittando della mia invidiabile situazione di co.co.co. (ricordate? niente diritti, niente doveri), ho preso TRE settimane di ferie: le due dell’ufficio più la mia, personale. Nessuno ha osato dirmi nulla.
3. il 2003 è ancora avvolto nelle nebbie dell’inconosciuto. Come sempre, deciderò all’ultimo secondo, il last minute praticamente l’ho inventato io. Ad onore e merito del mio datore di lavoro, il pater familias che tutti vorremmo avere, e di cui parlerò diffusamente un altro giorno, va detto che, anche se con evidenti spasmi muscolari al momento della firma dei bonifici e con principi di torcimenti di budella, le ferie mi sono sempre state pagate, anche se come è noto le ferie pagate non rientrano fra i diritti dei co.co.co.  Vi terrò aggiornati!

Dei contratti

Quando ho fatto il mio trionfale ingresso nella struttura lavorativa che si onora di avermi fra i suoi lavoratori, c’erano due progetti che giacevano inerti da circa un paio di anni, più volte minacciati di abbandono, e continuavano – ma io questo l’ho scoperto dopo – ad arrivare fax e lettere dei partners, con varie sfumature di rimprovero.
Ero il capro predestinato ad accollarmi le sorti appiccicose dei due progetti, visto che ero appena arrivata, e per l’occasione mi vennero fatti ben due contratti ad hoc, con tanto di prescrizione dell’impegno orario, del compenso per ora, e della coincidenza della fine del mio impegno con la chiusura dei progetti. Quindi, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa “a progetto” della riforma Biagi, cioè finalizzati alla conclusione di un progetto per es. di ricerca, non sono una assoluta novità, per quello che mi riguarda.
Nel giro di tre o quattro mesi, ero l’orgogliosa responsabile di infinite rotture di scatole legate ai due famosi progetti, e di qualche piccola ma tangibile soddisfazione professionale (3 giorni a Parigi a spese dell’Unione Europea, ad esempio, di cui 0,5 utilizzati per lavorare e il resto per appropriarsi della città).
Da quel lontano giorno del 1999, più nessun contratto fra me e l’azienda ha avuto l’onore di vedere la luce, pur essendo nel 2000 finiti i famosi progetti iniziali: essendomi conquistata sul campo le stellette del “cane che non molla l’osso e porta a casa i risultati, a rischio di travalicare il suo ruolo” (cito testualmente dal mio capo, forse era un complimento) sono stata ritenuta parte integrante del personale, e quindi si è cominciata a dare per scontata la mia presenza in ufficio tutti i giorni, mattina e pomeriggio, anche se il co.co.co. per definizione dovrebbe “garantire la presenza (solo) il tempo necessario a condurre a termine il lavoro assegnato”.
Alle mie debolissime rare rimostranze venivo sempre guardata con uno sguardo che ricordava quello di Linus quando gli viene strappata la coperta, con gli angoli delle sopracciglia verso il basso e il messaggio “Ma come, non ti fidi?” stampato nel fumetto sopra la testa.
Risultato: non ho diritti (né scritti né orali), non ho doveri (scritti). Ma mi riesce così di rado di approfittarne