Il cosiddetto archivio è una stanzuccia ricavata da una svista del geometra che ha progettato l’edificio, e contiene, oltre a scaffali fino al soffitto in cui sono stipati multicolori armate di faldoni nei quali si trova sempre tutto, tranne quello che stai cercando, anche un piccolo frigorifero e l’ormai famigerata macchinetta del caffè. La quale, dopo essere stata acquisita con squilli di trombe ed entusiasmi generali, ha rivelato fin da subito tutte le sue umane manchevolezze.
1. si frega i soldi (la macchina non dà resto, ma dovrebbe “conservare” il credito; a parte che questo ingenera una serie di debiti incrociati da cui Tanzi potrebbe aver tratto ispirazione per le sue acrobazie, ogni tanto, senza preavviso, la macchina si mangia il credito e statevi bene);
2. il caffè espresso è più spesso bruciato, il caffè lungo ricorda da vicino i liquami per il concime;
3. il tasto “latte”, quando richiesto, sputa fuori per i primi 2 secondi una materia biancastra collosa che non vi voglio dire, perchè sono una signora, cosa mi ricorda, e per i rimanenti 10 secondi, acqua calda. Risultato: acqua calda biancastra.
3. richiede una manutenzione continua, in parte ordinaria (devono essere ricaricati i contenitori del caffè in grani, del cioccolato e del latte in polvere), 10% delle volte, in parte straordinaria, 90% delle volte. Il tecnico, che ormai è diventato parte integrante dell’arredamento dell’archivio, esegue di solito le seguenti operazioni:
a. apre la macchina sventrandola con apposita chiave e mettendone a nudo le trippe;
b. smanetta dieci minuti, con l’espressione sempre più preoccupata;
c. prende il cellulare e chiama la centrale, chiedendo istruzioni, e riferendo quello che vede (“ma sta luce s’avesse appiccià, o no?” “‘cca mi dice ‘SELFSHARE XY PROGRAMMATION DB’, c’aggia fà?” e così via). Ogni tanto qualcuno di noi passa da quelle parti e comunica al tecnico improbabili correzioni di gusto:
– “ma il caffè, non si potrebbe avere un pò più corto? è acqua!”
– “nel caffè macchiato c’è troppo latte, è una brodaglia!”
– “il caffè espresso non si potrebbe avere un pò più lungo? è troppo ristretto, fa male!”
e chiede notizie dell’amata macchina come se fosse un figlio in rianimazione (“come va? è grave?”). E’ rimasta negli annali, ed entrata di diritto a far parte del gergo aziendale, la mitica risposta, sempre uguale, del tecnico: “Dottorè, si è SHPROGRAMMATA, si deve riprogrammare”. Ahe.
d. richiude tutto, ci offre tre o quattro caffè per provare che tutto funziona e se ne va.
Per tornare dopo due giorni, e ricominciare daccapo.