Blues intenso, stasera.
Volevo uscire per non pensarci, ma alla fine manco quello avevo voglia di fare.
Anche perchè, a chi lo racconto? Nessuno capirebbe, nessuno può farci niente.
E’ colpa mia. Mia che non so raccontarmi e vendermi, che non so piegare le regole, seguire la mia strada. Io seguo sempre quella che mi viene indicata. Però così la stima di me si abbassa, e il circolo diventa vizioso. Con accenti di paranoia: e nessuno mi stima, e nessuno mi vuole bene, e nessuno mi difende, e bla bla bla.
Intanto il tempo passa, e io sono sempre qui, la solerte ragazzina di bottega, senza un posto, senza un ruolo, buona a scrivere in 10 minuti un testo complesso e ragionato (che poi qualcun altro limerà qua e là e leggerà al posto mio). Buona a tappare buchi, a fare quello che le viene chiesto di fare.
E’ colpa mia, lo so, non me lo dite: io che non ho una visione chiara, un obiettivo, e se ce l’avessi non sarei capace di sgomitare per procurarmelo. Che sono ingenua fino alla stupidità, purtroppo senza essere stupida davvero, e quindi magari con un po’ di ritardo ma ci arrivo. E mi accorgo di avere i piedi nel fango, mentre tutti sono già avanti, fuori, via, sopra, lontani.
Blues.
Ad aumentarlo, la constatazione che non so più come si mettono i video: mi compare una crocetta rossa che non significa niente di buono, o niente del tutto. Giancaaaaaaaaaaarlooo..!?! perchè?!?
Ok, se avessi potuto mettere un video, stasera, sarebbe stato QUESTO. Accontentatevi del link.
La prima delle molte vie possibili al lavoro futuro si è chiusa. Al bando per l’AT FSE 2007 – 2013 siamo arrivati quarti, con un distacco sonoro dai primi. Immagino ci siano molte motivazioni di ordine politico a questa scelta. Io però non ho potuto non sentirla come una severa bocciatura del mio e dell’altrui lavoro per 5 lunghi anni. Una bocciatura che non mi pareva di meritare, in tutta onestà. Stelvio è in ferie e quindi stamattina è toccato a me andare a sedermi al mio posto come se nulla fosse, pur nella consapevolezza che il mio corpo assume da oggi consistenze diafane di fantasma. E infatti, complice anche l’aria di ferie, sono stata tutta la mattina chiusa nella mia stanza senza che alcuno venisse a disturbarmi, nè di persona, nè telefonicamente. Non c’è ancora il segno degli appestati sulla porta tracciato a lettere nere, ma non ci manca molto.
In compenso, mi sono classificata quinta, su 4 posti disponibili, nella graduatoria dell’assistenza tecnica per i fondi agricoli. Se scorrono la graduatoria, potrei andare ad occuparmi di ruralità. E magari è meglio.
E siamo poi in attesa di sciorinamento delle pratiche per l’assistenza tecnica dei fondi per lo sviluppo industriale, del mega concorsone pubblico, e – udite udite – anche di una proposta di legge per la stabilizzazione dei precari. Nella suddetta legge è stato inserito un articolo 4-bis (inquietantemente somigliante al 41-bis, l’articolo del carcere duro per i mafiosi) che consentirebbe di stabilizzare i precari che hanno già almeno tre anni di contratto negli ultimi cinque, e hanno sostenuto prove selettive per entrare. Siamo in 20, in questa situazione: un numero palesemente troppo ristretto per fare scena, e quindi bocciatissimo dai sindacati. E anche da molti consiglieri regionali, tanto è vero che non si riesce a rintracciare la paternità di questo articoletto spurio.
Beh, sappiatelo: a me di questa stabilizzazione non me ne frega nulla. Mi conosco: tranquillizzata dalle magiche parole “a tempo indeterminato”, a stipendio pressochè dimezzato, scivolerei prestissimo lungo la china del rispetto pedissequo dell’orario e delle mansioni assegnatemi,
e quindi lungo la china dell’impiegato pubblico che vede il cartellino marcatempo e il giorno 27 del mese come unici regolatori della sua vita lavorativa. Finite le sfide, finiti i progetti sperimentali, finita la rete di contatti professionali, finita la gioia di lavorare, finito tutto quello che esula dalla scrivania e dalla tredicesima a Natale. Io non ho una famiglia da mantenere, devo bastare solo a me stessa: voglio viverlo, il lavoro, non sopravviverlo. Ed è uno dei motivi per i quali mi incazzo quando vengo inserita nel novero dei “precari”: non sono precaria, cazzo, l’ho scelto io, di fare il consulente della Pubblica Amministrazione, e ho anche sudato, per poterlo fare. Basta con questa lagna e basta con l’essere messi nello stesso mazzo degli interinali scelti dall’Assessore di turno. Voglio consulire, ed essere ben pagata per farlo.
Potrei chiudere gli aggiornamenti della settimana raccontando al mondo intero come la gente può essere tanto più tamarra quanto più si dà arie di superiorità intellettuale. Una scoperta non nuova, ma sempre sorprendente. Ma chissenefrega, alla fine: mi limito ad allungare serenamente la lista del club dei marchesi del grillo, e a ripulire gli archivi. Baci a tutti.
Proviamo a fare un pò il punto della situazione, nell’attesa di prendere una mazza da baseball e irrompere negli uffici giusti in stile Columbine. E perchè è giusto che certe cose si sappiano.
Il mio contratto – ma nella mia precisa identica situazione ci sono almeno 13 persone – scade il 30 Novembre prossimo venturo. A quella data, avremo lavorato per questo Ente pubblico locale per 4 anni e 7 mesi. Occupandoci – in media 8/10 ore al giorno, 5 giorni alla settimana – di questione complesse e delicate, che hanno a che fare con i fondi comunitari, con l’Unione Europea, con i Ministeri. Avremo rappresentato l’Ente pubblico di cui sopra ai più disparati tavoli, anche (soprattutto) nazionali ed internazionali. Non me la tiro, ma insomma non abbiamo solo messo timbri o fatto fotocopie.
Che succede dal 1° Dicembre? Due strade possibili:
1. un DDL di stabilizzazione dei precari che butta dentro chiunque, al livello contrattuale più basso possibile – quindi con molti meno soldi in busta paga – impone gli obblighi propri della dipendenza ma lascia intatto lo status di precario, perchè il massimo cui si può aspirare è un contratto di 3 anni a tempo determinato. E comunque il DDL non è stato approvato in Giunta, e comunque quando sarà approvato in Giunta andrebbe poi approvato in Consiglio, dopo di che partirebbero i concorsi. Tempo stimato da oggi alla firma di un eventuale contratto: 3-5 anni.
2. un avviso pubblico per selezionare esperti per l’assistenza tecnica per ciascuno dei fondi comunitari di cui ci occupiamo (esattamente quello che abbiamo fatto finora). Il FEASR l’ha fatto, il FESR l’ha fatto, il FSE (il fondo mio e di Stelvio) no. Perchè? Non si sa. Gli altri due avvisi pubblici, a cui pure potremmo partecipare, firmati dai rispettivi dirigenti, giacciono nella segreteria della Giunta da 20 giorni. Perchè? Non si sa. Tempo stimato da quando l’avviso verrà pubblicato alla firma di un eventuale contratto (con tutte le incognite del rifare un concorso): 1 anno.
Nelle more dell’attesa dei tempi necessari ad espletare gli avvisi pubblici, la legge consentiva una breve proroga dei nostri contratti, sei mesi circa. Soluzione penosissima, che la dice lunga sulla capacità istituzionale di fare programmi di sviluppo delle risorse umane della nostra amministrazione, ma tant’è. I soldi necessari vanno ricercati, ancora una volta, sui rispettivi fondi comunitari, ogni fondo per sè e i suoi consulenti. Eccoci quindi con in mano le foto dei bambini a chiedere alla Baccalajuola e al suo fantastico Capo di consentirci di pagare l’affitto ancora per sei mesi. Richiesta a cui si opporrà una risposta presumibilmente negativa, se si pone mente alla circostanza che Stelvio ed io abbiamo nei mesi passati evidenziato una certa tendenza all’autonomia di pensiero, dicendo, facendo e scrivendo cose non sempre in linea con la politica dipartimentale. Perchè così ci piaceva, certo, perchè condividevamo alcune altre posizioni, ma anche perchè ci veniva chiesto di farlo, dagli stessi che oggi, alla resa dei conti, alzano le spalle e ci dicono ci spiace, arrangiatevi altrove, perchè qui non è più aria. Tutti bravi a fare i ricchioni col culo degli altri, come dice Stelvio.
Tenete conto, topolini all’ascolto, che i “non inquadrati” dell’Ente di cui parlo sono circa 250, ma essi non sono, ripeto NON SONO tutti uguali: ci sono i portaborse, ci sono quelli pescati nel mazzo delle numerosissime long list succedutesi nel corso degli anni, ci sono gli interinali, e ci siamo noi: i consulenti di eccellenza, quelli che hanno già – A DIFFERENZA DI TUTTI GLI ALTRI – sostenuto un concorso pubblico per entrare, quelli capaci di trovare soluzioni, quelli capaci di sostituire i dirigenti nelle contrattazioni comunitarie (portando a casa risultati), quelli che hanno gestito risorse per milioni di euro, quelli che si sono assunti responsabilità anche quando non gli competeva, quelli che si sono scritti da soli i contratti di rinnovo, gli avvisi pubblici, le delibere di Giunta. Quelli che hanno lavorato alla stesura di progetti, piani, programmi, quelli che hanno avuto idee nuove, regolarmente rivendute ed apprezzate, dappertutto tranne che qui. Quelli che studiano.
Siamo sempre stati dalla parte sbagliata?
Lo sfascio istituzionale si gioca innazitutto sulla nostra pelle?
Può anche darsi che nelle ultime 24 ore utili, di fronte alla marea crescente di malcontento, si buttino dentro tutti, con un provvedimento urbi ed orbi, almeno per i famosi sei mesi. Ma la delusione e l’amarezza di essere confusi nella massa di quelli con il cappello in mano è veramente grande, perfino per i più duri fra noi.
Io, da parte mia, mi venderò quel poco di credito professionale che credo di aver messo insieme in 14 anni di lavoro senza risparmio. Poi magari scoprirò che non vale nulla, ma a me, col cappello in mano a fare anticamera, non mi ci vedranno.
La colonna sonora del giorno è offerta da Edoardo Bennato.
Vabbè, scherzavo. E’ che sono stanziale, il nomadismo non è nei miei geni, e le partenze mi mettono sempre un pò di agitazione. In realtà ho volato senza battere ciglio, riuscendo perfino a non urlare al decollo e al ritorno addirittura scegliendo un posto vicino al finestrino, usandolo, perfino, per guardare fuori. Tzè.
Al mio ex amico di vecchissima data dal cellulare del quale sono partiti ieri a freddo due o tre sms assurdi (non trovo altro termine più adatto, atto a rendere il mio sbalordimento) indirizzati alla mia persona, vorrei tanto poter dire che spero avesse bevuto, e molto, anche, che la sorpresa e la delusione sono immense, che a 42 anni forse – ma forse, eh – sarebbe anche arrivato il momento di crescere. O di sorvegliare meglio il cellulare, perchè quei messaggi sono stati così stonati con la sua persona, così diversi da come lo conosco, così diversi da quelli che ci eravamo scambiati negli ultimi anni, così diversi da come credevo di poter definire i suoi rapporti con me, che spero – ma debolmente – che sia stato un altro a scriverli. O un’altra.