Come glielo dico?

Sono giorni che giro intorno alla stanza del Capo cercando il modo migliore per dirglielo.

La notizia non è ancora ufficialmente stampata sopra un Bollettino Ufficiale, però è sicura: ho vinto una selezione per la Regione, cercavano 11 esperti di fondi strutturali e Piani Operativi Regionali e io sono la 6° in graduatoria (a proposito, grazie Saya ).

Ora.
Ci sono stati giorni nei quali avrei volentieri impalato il mio capo al tronco del ficus benjamin della sua stanza. Ci sono stati innumerevoli cazziatoni, solo il 20% dei quali giustificati. Ci sono state palesi distrazioni di incarichi e anche premi in denaro a favore dei due rampolli, una dei quali assolutamente incapace. C’è stata una micragneria senza precedenti rispetto non solo ad eventuali premi di produzione – mai avuti – ma anche rispetto al pagamento degli stipendi, sempre uguali nell’importo (bassissimo) ma variabilissimi nella date di erogazione.

Però c’è stata anche una inespressa ma palese stima nei miei confronti, intere serate passate a pianificare strategie, fare e rifare conti, impostare battaglie professionali. Ci sono state chiacchierate personali, consigli umani, atteggiamenti paterni. Ci sonpo stati viaggi di lavoro, in auto, in treno, in traghetto, densi di discussioni sui massimi sistemi, sulla vita e sulla morte, sulla famiglia e sulle coincidenze. Ci sono stati occhi chiusi di fronte ad assenze, permessi, orari strani, libertà varie. C’è stata, soprattutto, una crescita professionale della sottoscritta senza precedenti, la possibilità di capire, esserci, partecipare, assimilare, crearsi una fitta rete di contatti.

Come glielo dico, adesso, che me ne vado?

Primavera

Mi sveglio perchè ho sete. Guardo i numeri verdi sul comodino, è quasi giorno. Mi riassesto nel tentativo, sempre un pò a rischio da qualche mese a questa parte, di riprendere sonno. Sento un rumore, anzi no, un suono provenire fuori dalla finestra. Tendo l’orecchio. Ormai completamente sveglia, esco in pigiama a piedi nudi sul balcone.

Ora ho la certezza che la primavera stia per arrivare, perchè nel silenzio assoluto, irreale e buio che precede di poco l’alba, gelida in verità, un usignolo sui rami più bassi dell’abete di fronte casa modula una successione di toni deliziosa, che si staglia netta nell’aria fredda come se fosse dipinta su un vetro. Tace per pochi secondi, poi ricomincia, con una successione leggermente diversa, un pò più alta, un pò più bassa. Quando tace di nuovo, ho la netta sensazione che si stia mettendo in ascolto. La successione modulata di toni sembra un “Ci sei, amore?” “Mi senti? sono qui!” così intenso e appassionato da riempirmi gli occhi di lacrime.
Ripete il richiamo d’amore decine di volte, cambiando ramo, ma il silenzio durante le pause è scoraggiante. Io sto tremando di freddo e ho i piedi quasi blu, ma non riesco a staccarmi da questo piccolo dramma della passione. Ad un tratto, però, flebile, lontanissimo, in un altro quartiere, un richiamo uguale e contrario risponde.

Il mio usignolo lo segue, saltella su altri alberi sempre più lontani continuando a gorgheggiare, lo perdo.
Mi fiondo sotto il piumone cercando di recuperare la sensibilità degli arti inferiori.

Fuori ha cominciato a nevicare piano, ma non mi importa.

Oggi è Up

And Up and Down .. il vecchio successo disco anni ’80 fotografa abbastanza fedelmente la situazione. Oggi siamo nella fase Up dopo un paio di giorni di Down.

Sarà il fine settimana incombente, sarà l’odore di primavera che si sente nell’aria, sarà la mia ciclotimia congenita ereditaria, sarà un lavoro fatto bene che va avanti che mi fa sentire la situazione sotto controllo, fatto sta che oggi sono piena di energie e di voglia di giocare, di vivere, di sedurre, di prendere il prossimo per i fondelli.

Ottimi motivi per frequentarmi, oggi

Sto impazzendo

Un alien si è impadronito di me, e si è piazzato fra l’esofago, lo stomaco e il petto, lì dove dovrebbe – credo – esserci il cuore. Niente di organico. Il peso che sento, che mi fa stare curva, mi fa battere il cuore, mi dà la nausea e mi toglie il sonno e la gioia di vivere è tutto assolutamente squisitamente freudianamente psicosomatico.

Non ce la faccio più ad andare avanti così e i fatti di S. Valentino hanno mostrato in maniera lampante che non ce la faccio nemmeno a tornare indietro.
Aspettare, ancora.
Aspettare, ancora un giorno, un paio di giorni, massimo una settimana (e intanto è passato un  mese).
Aspettare la risposta della finanziaria, aspettare che mammina esca dall’ospedale, aspettare che l’avvocato prepari la scrittura privata, aspettare che venga firmata. Aspettare Giugno per poter chiedere la pronuncia della sentenza di divorzio. Aspettare che l’azienda decida se sì o no, e come. Aspettare la delibera della Giunta Regionale, aspettare la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale, aspettare la firma del contratto.

Aspettare, aspettare ed ancora aspettare. E nel frattempo non farti notare, non pretendere, non chiedere, non esistere, non decidere, resta immobile nella tela di ragno, seduta al buio e fai passare ancora un giorno, ancora un fine settimana, ancora un pò di tempo. Senza poter dire niente a nessuno, anzi mentendo e mi raccomando con abilità, ricordandoti le bugie, controllando ogni singola parola per impedire che la bocca vada più in fretta del cervello e ti scopra.

Aspettare che l’alien si faccia ogni giorno più pesante, e intanto combatti con la pigrizia, con il freddo, con la bilancia, con il lavoro, per non cedere, per far vedere che hai una volontà. Di ferro.

Vi giuro, sto impazzendo.

Blog disease

Offro un invito a cena (chi mi conosce sa che c’è tutto da guadagnare) al primo lettore/trice affezionato/a di questo blog, ma mi accontento anche di passanti casuali, che mi spieghi con dovizia di dettagli e un linguaggio il meno possible tecnico come si fa ad allargare la grafica del blog in modo che prenda tutto lo schermo, ed eliminare quella odiosa striscia grigia a destra.

Sono sicura che è una cazzata, ma io non ci sono riuscita

Confindustriali

Sabato si è inaugurata la nuova sede di Confindustria regionale. Nello stesso palazzo dove lavoro io. Ospite d’onore, il presidente D’Amato. La saletta che ospita il convegno è stipata di piccoli industriali locali, politici di ogni sfumatura di colore, e fauna cittadina, di quella presente ad ogni convegno.

In prima fila, un impettito sindaco fa da scorta d’onore alla bionda moglie del presidente, in arancione firmato. Malelingue dicono che ci sia lei, dietro il successo confindustriale di lui. In effetti, penso, l’inaugurazione di piccola sede confindustriale di piccola regione non era poi quest’appuntamento imperdibile. Poteva non venire, la potentissima signora D’Amato.
E invece è qui, e non solo: in prima fila, nervosamente seduta in pizzo alla sedia, scuotendosi a ripetizione i lunghi capelli biondi freschi di parucchiere, gli occhi leggerissimamente strabici piantati sul marito, non si perde un suo gesto. Una impropria illuminazione del tavolo della presidenza lascia in ombra praticamente tutti, sparando invece un fascio di luce proprio sulla faccia dell’ospite d’onore. Forse è stato fatto apposta, però la luce sottolinea impietosamente borse e rughette dell’assonato presidente, e spara on stage la circostanza che ogni tanto lui chiuda gli occhi cerulei come per pensare, mentre invece forse scapozzolea.
La signora soffre, nel constatare la sofferenza del suo compagno, che virilmente e signorilmente resiste allo spot maligno.

Ma non si è Marilù D’Amato per nulla: con un imperioso cenno della mano convoca una delle hostess, spaurita stangona che le si inginocchia davanti, fa cenno di sì con la testa, si rialza e schizza in direzione della cabina di regia. Dopo un minuto, tutti i faretti che illuminavano il tavolo della presidenza sono spenti. Il presidente tira un sospiro di sollievo, ed indirizza un sorriso di vero amore alla sua compagna.
Poco manca che le mandi un bacino sulla punta delle dita.
Un pò li invidio.

Pantani e Maradona

Ho visto un pezzetto di intervista fatta a Diego Maradona sulla vicenda Pantani. Secondo me Maradona non ha fatto la stessa fine del Pirata perchè salvato dalla sua bestialità di fondo, un misto di ignoranza e stupidità che lo hanno in qualche modo preservato dalla possibilità di depressione. Una sorta di insensibilità dovuta all’assenza di una reale coscienza di sè, alla incapacità di misurare l’abisso in cui si è precipitati, che invece purtroppo Pantani possedeva perchè dotato di un sottofondo di sensibilità e cultura media italiana, di cui Maradona è privo.

Belle notizie

La mia compagna di stanza buddista un mese fa si è assentata per una settimana. Una sera mi ha telefonato e con la voce che le traboccava di autentica gioia buddista mi ha annunciato di essere incinta. Se avete la pazienza di recuperare un mio post di fine giugno scorso, saprete perchè questa notizia mi riempie di gioia sincera. Per evitare rischi, avendo imparato la lezione, da allora manda un certificato medico alla settimana e resta a casa. Imperscrutabili decisioni direttoriali hanno deciso che non posso rimanare da sola nella stanza, e quindi il nuovo acquisto di amministrazione è stato trasferito affianco a me. “Finalmente ti ho messo un bell’uomo vicino” mi ha detto il capo ridacchiando.

Ora, a parte che il giovine ha dieci anni meno di me e quindi più che sentimenti materni non posso avere, nei suoi confronti, se non voglio passare per Girolimoni, è mio compagno di stanza da manco una settimana e gli già ho scoperto almeno tre o quattro “amiche” (nelle varianti “care amiche”, “amiche e basta”, “più che amiche”) oltre alla fidanzata ufficiale. Hai capito, il giovane manager rampante di provincia …

Adoro Michele Serra

Adoro Michele Serra. E non solo per motivi diciamo così ideologici, o perchè ha un’ironia affilata con la sabbia, o perchè ha quell’aria spaesata da Gatto Silvestro sotto il pietrone da due tonnellate, che me lo abbraccerei, o perchè era il fondatore e direttore di Cuore, ma perchè scrive da dio. Aggettivi, verbi, avverbi, tutti pesati, calibrati, ricercati e raffinati a formare miracolosamente frasi e concetti mai tromboni, sempre chiarissimi, luminosi, mai banali e massificati.

Se non ci credete, andate a leggervi il pezzo pubblicato ieri su Repubblica sulla morte di Marco Pantani. Un capolavoro. Consiglio a tutti gli aspiranti giornalisti, scrittorucoli in erba, studenti del liceo di spararsi in vena robuste dosi di Michele Serra, prima di sedersi davanti ad una tastiera.