Scrivo questo post su suggerimento della mia amica Vania, cui piacciono (sadica) i miei racconti di sofferenza provocati dall'aver voluto indossare a tutti i costi tacchi 12.
Premessa 1: lo so, ci sono miliardi di donne che indossano tacchi alti anche per andare a fare la spesa al mercatino rionale, e non fanno tutte queste storie.
Ecco, quelle donne non sono io.
Io abitualmente giro in scarpe sportive non rasoterra ma sicuramente comode e la mia pianta larga ne è strafelice.
Premessa 2: ai tacchi 12 si abbina, imprescindibilmente, una gonna, perchè tacchi alti coi pantaloni sarebbe voler pretendere veramente troppo dal fisico boteriano – anche la Venere di Willendorf è un buon punto di riferimento – che mi ritrovo. Perchè lo preciso? Perchè se i tacchi, come vedremo fra poco, sono molto scomodi, tacchi alti e gonna stretta sono la quintessenza della sofferenza. Altro che Santa Teresa d'Avila e le sue visioni. Io, come ho già raccontato su queste pagine in altra occasione, ho una tolleranza al combinato disposto tacchi – gonna che si aggira sulle due ore (in piedi) o quattro ore (seduta), dopodichè il dolore alla pianta si fa così intenso che comincio a vedere la beata Vergine del Rosario che viene verso di me in un tripudio di nuvolette rosa e puttini angelicati, recando nelle sante mani oltre ai grani della corona anche un paio di moppine imbottite.
E poi, ci sono cose che IO non posso fare, coi tacchi alti.
1. correre. Normalmente, io ho un passo molto svelto. Non mi piace perdere tempo negli spostamenti e camminando ad andatura sostenuta si rinforzano i glutei e si bruciano calorie. Coi tacchi alti, mi obbligo ad una andatura riflessiva, al duplice scopo di non fratturarmi una caviglia e di mettere a frutto la sofferenza. Perchè, diciamocelo: coi tacchi alti si può ancheggiare con molto maggior profitto. E quindi, coi tacchi si va piano, un passo dietro l'altro, sforzandosi di tenere la schiena dritta e dondolando il dondolabile. Sembra incredibile, ma funziona.
2. sorridere. Ecco, un bel sorriso sarebbe il complemento ideale, per una andatura così accattivante. Ma io non ce la faccio. Ho prima la fronte corrugata per la concentrazione (attenta a dove metti i piedi – sampietrini, tombini senza e con la grata, marciapiedi sconnessi sono sempre in agguato) e dopo, passate le canoniche due ore, ho una smorfia di sofferenza stampata in faccia, tipo colica renale, che non riesco a dissimulare in alcun modo. Per fortuna i passanti sembrano apprezzare di più il dondolio dal lato posteriore, e quindi del sorriso non ce ne facciamo granchè.
3. mantenere la sensibilità negli arti inferiori. Non so a voi, ma a me, se esagero con il tempo di permanenza di scarpe con tacchi ai piedi, tutta la gamba, partendo dai suddetti piedi e risalendo fino al ginocchio perde sensibilità, diventa un pezzo di legno morto apparentemente refrattario a qualunque comando. Apparentemente, perchè poi riesco a camminare e guidare, e credo che occasionalmente potrei provare a prendere a calci qualcuno, ma sempre come se avessi due salame da sugo al posto degli arti inferiori.
4. ragionare lucidamente. Lentamente, anche se in modo meno evidente, anche l'afflusso di sangue al cervello comincia a diventare difficoltoso, come se le scarpe, invece che limitarsi a sollevare il calcagno da terra premendo sulla pianta (la causa del dolore è tutta lì), stringessero anche le vene e le arterie in una morsa fatale. A questo probabilmente contribuisce anche la famosa gonna stretta di cui sopra, che fascia fianchi e vita, e, se sono seduta, comprime lo stomaco sfavorendo la circolazione. E quindi meglio stare zitta, perchè la scarsa lucidità da mancanza di ossigeno mi ha indotto talvolta a dire puttanate (più del solito, voglio dire), o a ridere come un'invasata senza apparente motivo, o a cominciare un discorso perdendo progressivamente per strada il filo logico. Se si pensa che normalmente i tacchi alti vengono messi in occasioni ufficiali, tipo matrimoni, o discorsi di insediamento di nuovi Direttori generali, o quando si deve fare la relazione della vita ad un convegno di portata mondiale, capirete bene che è meglio pensarci prima, e nascondersi in borsa un paio di pantofole, o decollété col tacco quadrato n. 5 da madre superiora, cui accedere velocemente quando tutti sono distratti.
Ed ora scusate, vado a mettermi le ciabatte.