Correre: la mia prima gara

La vestizione è durata 20 minuti, tipo samurai, o torero, o sposa.  Reggiseno sportivo, body con le putrelle per reggere peso e movimento, pantalone tecnico, calze, scarpe, maglia tecnica, t-shirt, k-way. Contrariamente alle previsioni, non piove, e anzi in lontananza si intravvede uno squarcio di sole. Il cappellino me lo porto lo stesso, però.

Partenza – ho il pettorale numero 202. Siamo un centinaio, tutti variamente infreddoliti, saltelliamo per non perdere gli effetti benefici del riscaldamento. Saluto un po’ di amici, mi faccio le foto di rito, faccio partire la musica nelle orecchie, e saltello, e dondolo, e faccio l’hula hop per scaldare i muscoli critici. Scoprirò poi che la partenza in ritardo, che mi ha costretto a continuare a scaldare la schiena, ha avuto effetti ottimi sulla tenuta della medesima: non mi ha fatto male per niente. O saranno state le robuste strofinazioni con Feldene e balsami della tigre vari. Allo start, vedo solo schiene e suole di scarpe: in pochi minuti sono praticamente sola, e credo ultima. La tentazione di correre più forte è grande, ma mi concentro per non farlo: tieni il tuo ritmo, tieni il tuo ritmo, mi dico.

3° chilometro – il primo strappo in salita, intorno al 2° chilometro, è stato passato con stile. Adesso sono in discesa. Mi sforzo di non strafare e di ricordarmi che la discesa non è meno faticosa della pianura, anzi lo è di più, perchè si devono ammortizzare i colpi inferti dalla forza di gravità. Via Mazzini passa come in sogno, e così pure Corso Garibaldi. Sto bene, va tutto bene. Inizia il discesone verso la zona industriale. Supero tre persone, non sono più ultima.

6° chilometro – ho passato il “punto di ristoro” del 5° chilometro senza riconoscerlo, a meno che non debba intendersi per tale un pacco di bottigliette di acqua da mezzo litro abbandonato sul mnarciapiedi. L’organizzazione è piuttosto raccogliticcia, a tratti fantozziana: ad alcuni incroci non riesce a tenere a bada gli automobilisti, che passano lo stesso, anche se non sono passati tutti i corridori. Mi riattacco una delle spillette che regge il pettorale, operazione non semplicissima da fare, correndo.

9° chilometro – supero altri tre partecipanti, e vedo davanti a me un gruppetto di persone che conosco. Il distacco tra me e loro si riduce, ma mi sforzo di non corrergli dietro: devo stare attenta, l’ultimo chilometro sta per arrivare, e non mi perdonerà. Tenere basso il ritmo, risparmiare energie. Ma non ce la faccio, o forse vanno piano loro: insomma li raggiungo, e faccio un pezzetto di strada in compagnia. Comincio a sentire le gambe pesanti, ma credo sia un fatto di testa. Alzo il volume della musica nelle orecchie. Il ponte Musmeci, so che non lo si direbbe quando lo si fa in auto, è in salita. Lo faccio in coppia con un signore non giovanissimo che ha il mio stesso identico passo, ci tiriamo a turno.

Ultimo chilometro – l’ultima salita. Il signore con il quale ho fatto il ponte mi chiede da che parte si va, la salita? eh, si, la salita. Riduco il ritmo al minimo, pompo aria nei polmoni più che posso: ma dopo 400 mt circa, all’altezza dello stadio Viviani,  mi devo arrendere. Cammino, cercando di recuperare in fretta. Il signore di prima si allontana. Vengo raggiunta dal gruppo di amici, che nel frattempo avevo superato, che mi incitano a proseguire. Una di loro mi prende addirittura per mano. Ricomincio a correre, avrò camminato per 300 mt, c’è un ultimo pezzo di salita ma ormai vedo la luce. Si svolta in viale Trieste, finalmente l’asfalto si appiana sotto i piedi. Tengo basso il ritmo e in fondo al rettilineo vedo l’arco giallo gonfiabile che segna il mio arrivo. Saluto gli amici, che proseguono per i 21. Io sono arrivata: mi viene preso il tempo, mi allungano una bottiglietta d’acqua. Corro per una decina di metri, per inerzia, poi rallento e mi metto a camminare.

C’è il sole, sto bene, sono arrivata.
10 km. in 1 ora, 9 minuti, 46 secondi
Classificata 17° su 20, 2° donna su 3 (ahr, ahr)

Sono arrivata. Cammino su e giù nei pressi del traguardo, recuperando, bevendo e sorridendo come una ebete a quelli che incontro. Due vecchietti a  passeggio mi chiedono se sono stanca, dico loro di sì, ma rido. Mi faccio con calma il mio stretch, e  prima di andarmene faccio in tempo ad assistere all’ultima cialtronaggine degli improbabili organizzatori: arrivato anche l’ultimo concorrente dei 10 km, iniziano a smontare l’arco gonfiabile, forse per risparmiare tempo. Però quelli che fanno la mezza maratona stanno ancora arrivando, e sono costretti a saltare sopra al serpentone sgonfio e ad un intrico di fili e ganci stesi a terra che occupano l’intera carreggiata. Piovono improperi in numerosi dialetti italiani.

Ma non fa niente, mi è paciuto da matti: io, la strada, l’asfalto che scivola sotto le mie suole, il rumore del mio respiro, il tum-tum regolare del mio cuore. La meta che si avvicina. Il momento di crisi da superare respirando più a fondo e andando più piano, finchè tornano le forze. Meraviglioso, tutto.
Mi è piaciuto talmente tanto che il mio primo pensiero è: quando ne faccio un’altra?

2 risposte a “Correre: la mia prima gara”

  1. Ciao, mi chiamo Daniela e ti leggo da poco. Penso di avere poco più della tua età (ho appena compiuto 50 anni ) e se non è così mi scuso fin da adesso, mi hanno appassionato i post classificati in “correre” perchè già da un pò sto pensando di cimentarmi in questa per me grandissima sfida. Mi intriga l’idea della corsa perchè è uno sport a contatto con la natura, perchè abito in una zona di parchi e mi sarebbe facile uscire di casa e rientrarci di corsa, perchè so di non avere fiato e mi piacerebbe farmelo e da ultimo anche per buttar giù qualche chilo che non fa mai male!!! Hai qualche consiglio da darmi??

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