Post intimista.
Volevo lamentarmi un po’, ma mentre scrivevo ho pensato che c’è gente che non aspetta altro, e allora vaffanculo no. Sto benissimo. Tiè.
Passo i minuti prima di addormentarmi ripassando dialoghi. Aggiungo una parola, la tolgo, la rimetto, cambiata di posizione. Mi allontano di un passo per vedere come pare. Lucido il tutto e conservo. Può tornare utile, prima o poi. E poi è un esercizio che favorisce un sonno sereno, ed è molto meglio che scorrere la rubrica del cellulare, come facevo quando dovevo combattere il panico. Quindi vuol dire che sto abbastanza bene, tutto sommato.
Gli eventi mi hanno incastrato in una posizione scomoda nella quale mi sono adattata, ma sempre scomoda rimane. Ma che dovevo fare? costringerlo a fucilate?
(“tu chiamami se vuoi Sarah Palin“, come dice una mia amica). E poi dicono il potere delle donne. Di altre, forse, non so. O forse sono io che non mi accontento. Cos’altro ti serve ancora? cantava Daniele Silvestri, a me è bastata un’ora. Eh, anche a me.
Vabbè. Domani è un altro giorno, e tutto può ancora succedere.
La colonna sonora non è il finale di Via col vento (troppo facile) ma una meno banale Malika Ayane. Bella, questa. E adatta.