Una pizza con due amiche, di quelle che ti conoscono da talmente tanto tempo da non avere bisogno di niente per capirti, un nome, una battuta e le quindicenni che eravamo sono di nuovo lì a ridere come venti anni fa. C’è anche un uomo, un pò estraneo alle nostre chiacchiere di provincia, lui viene dalla capitale, ma mi sembra non si stia annoiando.
Fuori c’è il diluvio. La pizzeria è in campagna, andiamo via ridendo, due per macchina, attenti a non perderci di vista nel torrente che è diventata la strada.
Quando cominci a riconoscere di nuovo i luoghi, piove un pò meno. La strada è lucida, sparpagliata di foglie morte, schizzata della luce gialla dei lampioni. Vai piano, assaporando la sensazione di pienezza e serenità che questa serata ti ha dato. I pensieri fanno un loop ed ecco, così, all’improvviso, fra il muretto della strada e l’incrocio pericoloso, ti rendi conto che stasera nemmeno per mezzo secondo hai pensato ai tuoi malesseri, alle tue paure, non hai paura a tornare a casa, sguazzi tranquilla nelle pozzanghere alzando muri d’acqua con la Cinquecento e ridendo come una bambina.
Ridi pensando alla serata trascorsa, ridi pensando a lui che oggi pomeriggio ti ha fatto ridere fino a sentirti male, per motivi così futili che a spiegarli non riderebbe nessuno.
Ecco, questo dovrebbe essere parte della cura. Ridere, ridere molto, se ci riesce. Aiuta, credetemi.