E poi dovremmo arredarla, più o meno

Non credevo che passare il pomeriggio a sfogliare cataloghi, prendere misure, fare ipotesi di ammobiliamento potesse alla fine essere una cosa così scassaballe. Alla fine, vi giuro, avrei preso anche il letto SoftAir mod. Marquanga col. 376/BC con inserti in cocco pressato pur di finirla lì e poter uscire all’aria aperta.

A quanto pare io poi non ci capisco una ceppa di arredamento, perchè:

a) i mobili della stessa tipologia – ad es. letti – per quanti cataloghi sfogliassi mi sembravano tutti assolutamente identici fra loro;

b) tutti i mobili indistintamente mi ricordavano quelli che c’erano a casa di zia Anna, che ha 93 anni e il suo ultimo acquisto di arredo risale al 1971. Lui mi ha  spiegato che il design di mobili in effetti si è fermato agli anni ’70, forse nel tentativo di farmi un complimento e farmi capire che avevo detto una cosa intelligente, pur avendo fino a qual momento ampiamente dimostrato di non capire nulla di arredo;

c) ogni volta che ho scelto un tessuto/colore/materiale mi ha guardata con una punta di commiserazione per aver scelto quello meno trendy. Io odio il lucido tipo laccato e odio i colori accesi e stridenti, quindi ho dovuto usare tutta la mia prorompente personalità per riuscire a convincerlo a non riempire la casa di laccato arancione a strisce viola e poter ripiegare su un tranquillo acero chiaro;

d) la mia terminologia è penosamente poco aggiornata. In un solo pomeriggio ho dovuto imparare che “letto” si dice sommier, “mobile del soggiorno” si dice parete attrezzata, “divano” si dice imbottito (e per forza, come me lo vuoi dare il divano, rigido?)

Tsk tsk. E in definitiva, non è che la casa l’abbiamo proprio già scelta. Abbiamo solo una ragionevole preferenza. Che casino. Se cambiamo casa dovrò ricominciare tutto daccapo?

Stiamo cercando casa / 2

Atto I – Posillipo
Meraviglioso parco chiuso immerso nel verde. La padrona di casa abita in una villetta a schiera con un giardino dell’Eden. Lei ha oltre 80 anni, e vive sola, ma non l’ammazza nessuno. Ci chiede 20 minuti per “mettersi un pò in ordine” e quando arriviamo è perfettamente truccata, pettinata, ingioiellata. Una vera signora, si concede il lusso di qualche piccolo pettegolezzo su amicizie comuni. La casa che affitta, purtroppo, è la sua cantina, senza luce e umida. Ci spiace molto, sarebbe stata una vice nonna ideale. E anche a lei dispiace. La villetta affianco alla sua è sempre sua, ci illude con la promessa che se si libera (fra qualche mese, dice lei, ma a 80 anni quanto vale “qualche mese?”) ci ricontatta.

Sipario su donna R.

Atto II – Casale di Posillipo
Sono sbalordita. Non mi sarei mai immaginata che potesse esistere un pezzo della peggior Forcella dentro Posillipo. Vicoli sporchi e maleodoranti, polvere e immondizia, gente sguaiata e urlante, seminuda, guardano con sospetto il nostro passaggio. La casa è in pratica un basso con sopraelevazione, il balconcino è con vista su un cortile che ricorda l’ora d’aria delle carceri, il bagno è scrostato, il “completamente arredata” dell’annuncio si riduce a un tavolo, un letto, un lavello appoggiato in un angolo. Il tutto per la modica cifra di 1.200 euro mensili, “trattabili”. Meu Deus.

Sipario sulla gentildonna di Casale di Posillipo.

Atto III – Lucrino
L’annuncio è di quelli ghiottissimi. La villetta è veramente tale, il terrazzo è ampio e magnifico, il mare si vede davvero, la casa è veramente completamente ristrutturata, è forse anche più grande di quello che ci servirebbe. Il prezzo è 500 euro mensili. Quando stiamo già per abbracciare il proprietario, viene fuori l’imprevisto hitchkockiano: i redattori del giornale hanno capito male, il prezzo non è 500, ma 1.500 euro mensili.

Sipario (desolato) sul signor P.

Atto IV – Arco Felice
E’ una domenica mattina di sole. Ci apre la porta un simpatico signore sulla quarantina con gli occhiali e con la faccia del professionista. Ci fa strada e solo allora realizzo che la casa che affittano è quella dove lui e la moglie attualmente vivono. Come faccio a spiegare? Sento nascere una sensazione di benessere. Piano piano comincia a piacermi assolutamente tutto di quella casa. Mi sento a casa, ecco. Mi piacciono i proprietari, una coppia con due bambini, sereni e pacifici. Mi dice che se ne va a malincuore, solo perchè la casa è diventata troppo piccola per le loro esigenze, ma ha amato tanto quella casa e io leggo nei suoi occhi che vuole sapere da me se l’amerò con la sua stessa intensità. Cerco di trasmettere il messaggio per via telepatica, ma è inutile, faccio un’enorme fatica a contenere l’entusiasmo. Sono in sintonia con questa casa, sento che la serenità di questa famiglia e la fortuna che trasuda da queste mura ci porteranno fortuna.Anche Lui, che è ingegnere, fa il ristrutturatore d’interni, lo vede. La casa è piena di dettagli, rifiniture, preziosi mobiletti in muratura, angoletti funzionali. I bagni sono ampi e i pezzi nuovi e di ottima qualità. Il balcone guarda il mare, appena velato da qualche antenna TV. C’è la cantina e il posto auto. Il prezzo è abbordabile e trattabile. I vicini sono persone anziane e silenziose. Mi sorprendo a pensare a quali mobili vorrei mettere in questa camera, e in quest’altra. Altro segno del destino: loro non hanno fretta, traslocheranno tra Settembre ed Ottobre, noi gli piaciamo e sono disposti ad aspettare per una nostra risposta.
Da tre giorni disegno la pianta della casa a memoria su tutti i pezzi di carta che mi capitano a tiro.

Sipario su casa D.

(continua. Spero ..)

Stiamo cercando casa

Stiamo cercando casa.

Niente di stratosferico, due camere e servizi. Da circa un mese la colazione della domenica mattina viene fatta religiosamente assisi ai tavolini di un bar vicino casa, ombreggiato e ventilato e che fa ottimi cornetti con la nutella e spremute d’arancia fresche. Si apre Bric-à-Brac (giornale di annunci dell’area partenopea) e si legge ad alta voce, selezionando. Poi si chiama col cellulare, scassando i cabbasisi alla gente di domenica mattina, e si chiede un appuntamento per la giornata. Spesso va bene.

Quello che sempre ci fa ridere è la differenza fra gli annunci e la loro traduzione in italiano, una volta verificata la realtà dei fatti.

PICCOLO PRONTUARIO DEGLI ANNUNCI “FITTASI”

bilivello = soppalco, 1 metro sotto, 1 metro sopra. Perfetto se siete del circo Barnum
in antico borgo = in vicoli fatiscenti e puzzolenti con la gente che butta l’acqua saponata dal balcone
finemente arredata = con 1 tavolo zoppo e 2 sedie (scompagnate)
ingresso indipendente = non sarà necessario scavalcare corpi umani per entrare a casa
pluriaccessoriata = c’è il lavello in cucina
completamente ristrutturata = ho dato una spazzata a terra
terrazzino = balcone
piccolo giardino = 1 mq di sabbia con 1 geranio moribondo
bagno = stanza chiusa dotata di tazza, lavabo, bidet se siete fortunati, doccia se siete superfortunati
wc = solo tazza del cesso, situata nei pressi dell’angolo cottura

(continua … )

Tristezza rosso sangue

Ecco, ci risiamo.

La data attesa passa, e non c’è altro da fare che aspettare, spiarsi, fare e rifare i conti, fare e rifare ipotesi, farsi venire i nervi, cercare di farseli passare perchè tutti dicono che bisogna stare calmi. Piangere un pò, desolate, rendendosi conto che a 38 anni non si è ancora pronti, non si ha ancora una casa, non si ha ancora un uomo che possa essere considerato proprio. Cominciare a pensare come la prenderanno i miei, se è il caso di fare le valigie per il Canada o pensare piuttosto ad una lettera scarlatta da ricamarsi sui vestiti. Dirlo alle amiche, che suggeriscono – guarda un pò – di stare calmi. Figuriamoci io, che sono l’impazienza fatta persona, se riesco ad aspettare così, senza fare niente.

Cassetti, si butta tutto per aria, si trova quello che si cerca per poi constatare che è scaduto da sei mesi. Farmacia, si fa la richiesta sottovoce ad una farmacista assonnatissima del turno di notte, tanto per complicarsi un pò la vita, che sicuramente avrà pensato “Ma non puoi aspettare domani? non è mica una bombola di ossigeno, quella che mi hai chiesto!” Andare a casa, leggere per benino tutte le istruzioni come un mantra portafortuna, anche se ‘sti affari funzionano tutti esattamente allo stesso modo e non c’è pericolo di sbagliare. Rileggere soprattutto la parte dove sono descritte le percentuali di attendibilità. Andare in bagno, chiudendo la porta con un sospiro. Fare tutte le operazioni sporcandosi ovviamente le mani e solo dopo venti secondi rendersi conto che si è smesso di respirare e si sta diventando paonazzi. Fissare con un misto di sgomento e rammarico la finestrella che resta desolatamente vuota.

Rimane abbastanza tempo per spaventarsi per i giorni passati, facendo tutte le ipotesi residuali, dalla banale infezione fino al tumore alle ovaie. Snervare sè stessi e gli altri. Meditare di rifare tutto l’ambaradan farmaceutico, per avere un’ulteriore conferma. E poi una notte afosa, finalmente, dopo 7 – dico SETTE – giorni di ritardo ci si sveglia tutta sudata e si constata che si è sciolta la gloria. Sollievo. Un insopprimibile dispiacere, che resta in un angolino ma non sparisce.

Eh no, non sono incinta.

Meglio così.

Davvero?

Nuovi personaggi ed interpreti / 2

Gatto Silvestro – Non bastasse il ciuffo di capelli posto sulla sommità del cranio, che ogni giorno di più si separa dai ciuffi di capelli laterali, spuntando spettinato come una pinna da squalo, a fargli assegnare il suo nick contribuiscono i movimenti elastici, l’aria fra lo smarrito e il sornione, le palpebre perennemente a mezz’asta, i sorrisetti e le risatine imbarazzate con le quali nasconde la pressochè totale insipienza professionale. Quando entra nella mia stanza mi aspetto da un momento all’altro di vedere entrare Titti che cinguetta “Mi è semblato di avel visto un gatto!“, oppure di vederlo appiattirsi sotto un pietrone da due tonnellate che casca dal soffitto. Sarebbe molto divertente, se non fosse per un piccolo dettaglio: è il Direttore del Dipartimento, e quindi, pur essendo praticamente mio coetaneo, guadagna credo il triplo di me.

Kafka – Piccolino, magrino, pelatino, baffetto appena accennato. Vestito nero, camicia nera, cravatta nera. Con qualunque tempo, con qualunque temperatura. Ragioniere, naturalmente. E’ il responsabile dell’economato, e quindi braccato nei corridoi perchè da lui dipende la fornitura del materiale di cancelleria, che lui tiene religiosamente chiuso a chiave in una stanza buia sotto il livello stradale. Sfugge agli agguati dei colleghi che bramano una matita da un mese, appiattendosi dietro le colonne. Altri nick possibili: Chiàrchiaro (lo iettatore de La patente pirandelliana) e tutti i sinonimi di “topo”.