Unibas

Scena: uffici dell’Alta Formazione dell’Università  locale.

Abbiamo chiesto dei documenti che ci sono indispensabili per il rendiconto trimestrale, e non a voce, e nemmeno a telefono, bensì con una lettera al mese, sempre più incazzata, a partire da Dicembre 2003, che sono state prese nella stessa seria considerazione con la quale io guardo i TG di Emilio Fede. Finalmente ieri ci dicono che è tutto pronto, (??) possiamo passare a prendere ‘sta benedetta malloppa di carte.

Nella stanza affianco a quella nella quale sono ricevuta è in corso una discussione molto animata. Il tema è: Costantino (e i suoi addentellati). Ignoro tutto di Costantino, compreso che faccia abbia, ma mi pare di ricordare che è un personaggio warholiano, che sta vivendo il suo quarto d’ora di celebrità mediatica. Argomento veramente adatto ad uffici, che, pur nella loro smandruppatezza, sono pur sempre rappresentativi dell’istituzione universitaria.

La dottoressa (??) che mi riceve ha dieci anni meno di me e stringe tra le mani un bellissimo faldone rosso, che mi consegna con sussiego e con la faccia “è stata durissima, ma alla fine ce l’abbiamo fatta”. Mi basta andare al di là della copertina in pelle umana e gettare mezzo sguardo, per notare documenti che mancano, imprecisioni, cose inutili. Mi rassegno a contestarle con garbo, una per una, alla dottoressa (??) dell’Alta Formazione. Fra le tante appartenenti all’ultima categoria (cose inutili), anche questa che vado a descrivere.

Un certo professore universitario, reponsabile scientifico del master, coordinatore e anche – ovviamente – docente, ha lavorato per un più di un anno per un certo numero di ore al mese. A richiesta, ha prodotto quello che i fichi universitari chiamano un time sheet, ovvero un prospetto mensile delle ore lavorate ogni giorno. Un malloppetto di carta redatto in banale Excel.
Le solerti segretarie/funzionarie dell’Alta Formazione, hanno predisposto 14 buste trasparenti, una per ogni mese di lavoro del professore, all’interno delle quali hano fotocopiato L’INTERO MALLOPPETTO, evidenziando poi con apposito Stabilo giallo fluorescente il mese di interesse, che va ricercato sfogliando i 14 malloppetti. Tutti uguali. Da soli, riempiono mezzo faldone.

Ma non è finita qui. Dentro ogni busta di plastica hanno inserito anche un foglio con il calcolo del costo orario del professore in questione. Ovviamente, trattandosi della stessa persona, e non avendo costui scalato le vette dell’empireo accademico in un solo anno, il costo orario è IDENTICO per tutti i 14 mesi. Sconvolta dalla scoperta, che la dottoressa (??) mi ha illustrato sorridendo sorniona (“e che pensavi, che qui stavamo a pettinare le bambole?” dice il suo sorriso), resto muta facendo scorrere un film splatter nella mia testa nel quale tramortisco la dottoressa con il dorso in pelle del faldone e poi le chiudo le narici negli anelli metallici del medesimo. Non riesco a profferire parola, pur consapevole del formicolio che sta salendo dai piedi ed estendendosi a tutto il corpo, neppure quando lei, per cercare un documento – che non troverà – nelle famose 14 buste plastificate, sfoglierà tutti i malloppetti FOGLIO PER FOGLIO, pur essendo questi TUTTI UGUALI, pinzati con la spillatrice e quindi bypassabili in blocco.

Distrutta, chiedo con voce flebile una fotocopia di due documenti diversi ad un’ameba di sesso maschile con occhialetti e la faccia espressiva di un tonno spiaggiato, che si è staccato con enorme sforzo dalla discussione su Costantino, solo perchè chiamato dalla dottoressa (?).
Prima mi porta una sola copia di un solo documento. Poi due copie dello stesso documento. Poi due copie, ma dell’altro documento. Infine, dopo molte spiegazioni e disegnini esemplificativi, riesco ad avere quello che mi serve.

Me ne vado, il pesantissimo faldone sotto il braccio, recitando un mantra in vernacolo partenopeo e pregando che esista un dio degli uffici che incenerisca prima o poi con un solo ZOT!! tutta l’Alta Formazione.

Maternità

La mia amica buddista ex compagna di stanza sta combattendo con ostinazione ed infinita pazienza orientale una dura lotta. Una battaglia silenziosa ma ferocissima contro sè stessa, da una parte il suo immane desiderio di diventare madre e dall’altra il suo corpo e l’infida madre natura che non sembrano voler collaborare molto. Il suo corpo minaccia aborti, e il suo desiderio di maternità la fanno stare immobile a letto, senza lavorare, senza fare nulla, quasi senza respirare. Una lotta fra i venti di tempesta che abbattono foreste e l’immobile silenziosità del ghiacciaio. Uno scontro fra gli eserciti di Sauron e Gandalf il Grigio. Una battaglia fra le astronavi di Darth Vader e Yoda nella sua caverna.

Che la Forza sia con te, amica mia.

La morsa della primavera

APERTURA DI TG
(uno di questi giorni)
(voce ansiogena, musica drammatica di sottofondo):

L’ITALIA NELLA MORSA DELLA PRIMAVERA

“L’intera penisola attraversata da temperature intorno ai 15 gradi, con folate di vento fino a 3 km. orari. Ad aggravare la situazione il profumo portato dal vento, fiori, mare, erba appena spuntata. Particolarmente grave la situazione nelle montagne della Sila, dove sono fioriti i mandorli e branchi di mucche da latte in amore si accoppiano disordinatamente con tori di incerta provenienza nel fieno montano.

Gli automobilisti bloccati sull’Autosole da riflessi di cielo azzurro hanno dovuto essere soccorsi dalla Protezione Civile, che li ha muniti di tavoli da picnic, uova sode e taralli, mazzi di carte e radioline portatili. Fra Barberino e Roncobilaccio un bambino, sofferente per una grave forma di infantilismo, ha avuto una crisi ed è stato portato di urgenza nel più vicino prato, dove, munito di un pallone, è stato visto inseguirlo urlando di gioia per una mezza mattinata.

Le previsioni non promettono niente di buono. Le temperature potrebbero alzarsi fino ai 20 gradi, e quindi si sconsiglia di mettersi in viaggio se non muniti di telo da mare, borsa termica e calzoncini corti. I Carabinieri effettueranno posti di blocco per verificare la presenza a bordo anche di ciambelle pasquali e ruoti di pasta al forno.” 

(Benni & Serra, abbiate pietà di me ..)  

Ho cambiato casa

So quello che state pensando: che la grafica è identica, che i link se non identici sono molto simili, e quindi se qualcuno proprio si mette di impegno a cercarmi prima o poi mi trova (e mi riconosce).

Sono d’accordo. Il fatto è che non me frega assolutamente nulla. Se ho traslocato è stato al 70% per rispetto di altrui sensibilità, al 30% per salvaguardare la mia spontaneità. Se si è così craponi e testardi da cercarmi (e trovarmi), sti ca**i

A causa di almeno du…

A causa di almeno due banali sbadataggini (sospette, perchè una è statistica, due diventano colpa, se non dolo) del tutto indipendenti dalla mia volontà, sono costretta a chiudere questo blog. Non era stato creato per essere letto da chiunque, e la presenza di lettori imprevisti mi toglierebbe qualunque spontaneità.


Questo naturalmente mi fa incazzare come una iena, perchè certo, posso sempre crearne un altro, di blog, ma devo inventarmi nuovi nick, nuove identità, nuovi titoli e sottotitoli, nel tentativo di non essere rintracciata, e a me piaceva QUESTO blog, con questo titolo, con queste caratteristiche.


L’ennesimo furto al mio orgoglio, alla mia libertà di ‘esistere, nonostante’, e a dispetto di tutti i miei sforzi per non invadere privacy, per rispettare riservatezze, per non essere invasiva nè teatrale, per non forzare mai la mano, per non comparire mai, nè in voce nè in video, cercando sempre di comprendere e di immedesimarmi, sopportando attese e distanze, silenzi e abbandoni e solitudini, sforzi che, a questo punto, sono perle ai porci. Meglio sarebbe stato se avessi fatto una comparsa alla ribalta col botto, strafregandomene alla grande della sofferenza altrui.

Mi farò viva io.


Statevi bene.




Vivere in punta di p…

Vivere in punta di piedi, senza ostentare niente, defilati, cercando di non fare soffrire nessuno, alla fine non paga. Alla fine quello che spetterebbe a qualunque essere umano, e cioè vivere una vita non da carcerata, non da spia del KGB, non da latitante, non da braccata dai cani, diventa un lusso, una cosa che se succede devi pure sentirti in colpa, e beccarti il tono seccato con cui ti si rimprovera di esistere.


Non me lo merito, questo.


E però esisto. Esisto con tutta l’acuta consapevolezza del pessimo giudizio che si ha di me, di cui mi rammarico, però esisto. Mi dispiace, so che mi si vorrebbe morta, però esisto. Anche io vorrei morte un tre o quattro persone, ma loro invece campano beate. Non ci posso fare niente io, con costoro, non ci possono fare niente gli altri, se io esisto.


Basta, stasera si esce. E si rientra tardi.

Ogni mattina, dopo a…

Ogni mattina, dopo aver ascoltato il GR2 delle 7:30, mi ritrovo molto stupita di essere ancora viva e in buona salute.


Non uccisa dalle macerie di un palazzo crollato per fughe di gas, non sparata per strada da uno che professa una religione diversa dalla mia, non dilaniata da un’esplosione mentre sto andando a lavorare in metrò, in bus, in bicicletta, a piedi, non giustiziata nel sonno da mio padre improvvisamente impazzito, non travolta da un treno ad un passaggio a livello, non precipitata dagli spalti di uno stadio.


Che culo, sono ancora viva.

La prima domenica in…

La prima domenica insieme, di nuovo.
Non sembra passato quasi un anno.
Sembra ieri, invece.


E’ primavera e lo scirocco addensa nel cielo nuvole sottili, che non bastano a toglierci di dosso la felicità incosciente ed insensata di essere di nuovo insieme.
Il litorale domizio scorre sotto le ruote.


Tutto qui si è fermato al 1972, nessuno sviluppo, nessun rinnovo, niente più vacanzieri, non di quelli che portano ricchezza, almeno. Gruppi di senegalesi scuri come la notte sul ciglio della strada, si godono qualche ora di riposo fra la campagna di raccolta dei finocchi e quella dei pomodori. E’ domenica, e siamo ancora fuori stagione balneare, ma il litorale che meglio conosco mi stringe il cuore lo stesso.


Esploro Baia Domizia e altre frazioni limitrofe con un sentimento strano, fatto per metà di acerba nostalgia infantile, felice di ritrovare tutto com’era, perchè qui ho passato almeno 15 delle mie prime 20 estati, e per metà di tristezza, desolata nel ritrovare tutto com’era, e quindi vecchio e fuori dal giro.
Il centro, un tempo presidiato da svedesine, sembra un posto abbandonato dopo una catastrofe nucleare, ci sono vetrine e prodotti nelle vetrine, ma roba che era di moda anni fa, tutto ricoperto di un velo di polvere, vecchiaia ed abbandono.
Marina di Minturno non è meglio, per trovare un ristorante aperto dobbiamo chiedere, e alla fine accontentarci.


Il velo di tristezza passa quando leggiamo il menù, dove fanno bella mostra di sè delle “transecole (???) con le vongole” e “scellatielli con l’astice” (qui l’errore è degno della commedia dell’arte, perchè il nome corretto della pasta fresca di cui si parla è “scialatielli”, ma “scellato” in dialetto locale significa stanco, senza forze, inefficiente, che mi sembra un perfetto paradigma del luogo).


Il cameriere che prende l’ordinazione è vistosamente strabico e anzichè guardare me pare che guardi alle mie spalle, tanto che mi giro, in tempo per rendermi conto che a 20 cm da me in una teca di vetro con sassolini e piante finte quello che credevo un pupazzo di gomma è una vera iguana slinguazzante, che schifo! anche se resterà immobile per tutto il tempo, mi sarà impossibile mangiare senza pensarci.
Lo scellatiello, però, è impeccabile.


Al ritorno, la felicità è come sempre appannata dall’imminente separazione.
Mi sa che ho fatto una cazzata, con quel concorso, che per quanto mi assicuri un posto prestigioso per tre anni, mi costringerà a questa vita sdoppiata e smezzata, due lavori, due case, due famiglie. E se nel frattempo rimanessi incinta? Come si fa a portare avanti una gravidanza saltando di qua e di là due volte a settimana?


Mi addormento nel pullman e sogno iguane, senegalesi e astici che mi inseguono. Senza raggiungermi.








Però c’era una nota …

Però c’era una nota di tristezza, ieri, nella tua voce. Un fondo scuro, che ti sei affrettato ad attribuire ad altro, ma non mi hai convinto. Ormai riconosco le singole vibrazioni, ieri c’era una nota di autentica malinconia e dispiacere, che temo purtroppo di sapere a cosa va attribuita.


Mi dispiace, amore. Avrei fatto qualunque cosa per evitare a te e a loro di vivere per una seconda volta lo strappo, con i sensi di colpa che anche tu non puoi non portarti appresso. Ieri sera mi hai detto che ti mancavo io, ma non sono certissima che sia tutta la verità. Un pò, forse un pò tanto, ti mancano loro.